Rosa e l'arte di far formaggio a

Rosa e l’arte di far formaggio a Colliano

Rosa ha una passione. È la mozzarella! Da quando è piccola impasta e rimpasta la mozzarella. Ma non solo. Trecce, ricotte… per lei il latte è un po’ una tela. Crea e crea. È l’artista del latte.
Il formaggio ha una storia antica. Golosa e antica. Alcuni studiosi ritengono che i tartari, i tibetani e i persiani furono i primi a cimentarsi, ma non esistono fonti documentali che lo attestino. C’è tuttavia un bassorilievo sumero datato III millennio a.C, noto come il “Fregio della latteria”, questo è il nome attribuito all’epigrafe, dove sono rappresentati dei sacerdoti impegnati nella lavorazione del latte.
Rosa porta avanti con la famiglia questa straordinaria arte di “far formaggio”.
Papà pastore, marito pastore, suocero casaro. Lei e sua figlia donano quel tocco rosa, irrinunciabile, alla produzione dei formaggi.
“La nostra particolarità è il pecorino e il caciocavallo. Poi c’è la ricotta di Colliano fatta con una lavorazione artigianale. Raccogliamo il latte in mattinata. Lo trasformiamo in laboratorio. Lo riscaldiamo a 39 gradi. Rotta la cagliata facciamo il formaggio. Dopo rintroduciamo il siero per farlo bollire con l’aggiunta del sale. E così esce la ricotta”.
Palazzi storici, chiese monumentali, un’abbazia e un castello. Colliano è un piccolo gioiello in provincia di Salerno. Attraversato da greci, romani, anche da Annibale. Insomma ha una lunga storia scritta su numerosi monumenti funebri che caratterizzano la cittadina.
È in questi centro che Rosa e la sua famiglia hanno il caseificio. A Colliano. Ed è da questa località che prende appunto il nome. Caseificio La Colliano.
“Sono tanti anni che seguo con passione la lavorazione del latte e ancora mi stupisco per gli enormi cambiamenti che sono avvenuti nel ciclo di produzione. Ai tempi dei nonni se il latte non lo avevi o non ti bastava per la produzione lo prendevi dai pastori e per lavorarlo utilizzavi il fuoco del camino prima e poi quello del gas. Ora non è più così.
Ora si fa con il vapore. Usiamo sempre le fuscelle di vimini. Le sterilizziamo. La cosa importante per la nostra azienda è mantenere la tradizione”.
“Noi nel laboratorio continuano a fare tutto manualmente. La treccia, ad esempio, la faccio io a mano ogni mattina. Abbiamo ancora la tina in legno! Immergo le mani, tiro su la paste. È bollente. Ormai mi ci sono abituata. E impasto”.
“Amo il mio lavoro. Amo mettere le mani nel latte caldo e “tirar su” trecce, mozzarelle e caciocavallo. Mi ricorda quando lo facevo con papà. Oggi ho 45 anni, una grande esperienza maturata nel tempo che cerco di trasmettere a mia figlia, per tramandare la nostra attività”.