L’itinerario di Sigerico sulle tappe della Via Francigena

Fra gli innumerevoli percorsi che da varie zone d’Europa e d’Italia raggiungevano Roma, la capitale della cristianità, uno dei più anticamente documentati è l’itinerario detto “Via Francigena”: ovvero la via proveniente dalla Francia. L’itinerario di Sigerico è stata la principale fonte per la ricostruzione della moderna Via Francigena: si tratta di un itinerario di 1.800 chilometri e 80 tappe, percorso in 79 giorni dall’Arcivescovo Sigerico nell’anno 990. Un lungo viaggio per ritornare a Canterbury da Roma dopo l’investitura del Pallio Arcivescovile da parte del Papa Giovanni XV. Sigerico, su invito del Pontefice, annotò tutte le tappe, una per giorno, che lo riportavano in Gran Bretagna attraverso l’Europa: il suo diario è quindi la più autentica testimonianza del tracciato della Via Francigena da Roma fino al canale della Manica di quell’epoca. La via di Sigerico diventa così un’occasione per la conoscenza dell’identità culturale europea nei suoi aspetti storici, artistici e religiosi oltre che una vera opportunità di valorizzazione territoriale dei luoghi attraversati. Nel tratto italiano, il percorso attraversa sette regioni – Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Liguria, Toscana, Lazio – e 140 Comuni, per un totale di 44 tappe.

 

Villar Dora, a passeggio nel piemontese

Terra di ciliegie, castagne e marroni Villar Dora è un gioiello paesaggistico tra la Val di Susa e il fiume Dora Riparia non molto distante da Torino. Si trova in una posizione perfetta per visitare i sentieri di montagna e apprezzarne la flora montana alpina. Quindi, gambe in spalla, si parte alla scoperta di questo spicchio di Piemonte.

Molteplici i sentieri infatti, tra quelli che conducono alla cima del monte Musinè, arrivateci presto la mattina e godetevi la salita in solitaria. Questo è uno dei luoghi più gettonati, sopratutto il 26 dicembre. Il Monte Musinè è una montagna delle Alpi Graie alta 1.150 metri sul livello del mare. Si trova all’inizio della Val di Susa e copre i comuni di Caselette, Almese e Val della Torre.

Aguzzate lo sguardo intorno a voi mentre camminate, se siete fortunati potrete incontrare i cerbiatti che fanno capolino lungo il percorso.
Una volta in cima, toccherete il cielo alzando solo un dito!
La salita è più breve se passate per la via Crucis. E’ di certo impegnativa e non ha nulla da invidiare ad alcune escursioni alpine delle vicine valli, perché comunque il dislivello è significativo. L’enorme croce in cemento, lassù in cima, ha il suo fascino, ammiratela in ossequioso silenzio.

Se non siete stanchi la Collina della Seja, che si estende ad ovest dell’abitato di Villar Dora, vi attende. La pendenza non critica rende questo trekking adatto anche ai bambini. Attraverso tratti boschivi si raggiungono stupendi punti panoramici dai quali ammirare la Sacra di San Michele, il Rocciamelone, la bassa Valle di Susa ed il Rocca Sella. Se poi si prosegue si arriva alla cappella di San Pancrazio, al cui interno è possibile ammirare alcuni affreschi del Quattrocento e del Cinquecento.

La Torre del Colle è un altro elemento da non farsi mancare in questa visita della provincia piemontese. E’ stata edificata alla fine del XIII secolo per proteggere il nuovo insediamento in località Molare del Ponte, voluto dal conte di Savoia.
Ai piedi della Torre sorgeva la Chiesetta romanica di San Lorenzo, ormai scomparsa.

A Villar Dora c’è anche un Castello, le cui prime notizie risalgono al 1287 e lo descrivono come formato da tre edifici distinti, ognuno abitato da una diversa famiglia feudale, titolare di un terzo del feudo. Il castello, visitabile solo dall’esterno, è tra gli edifici meglio conservati della Valle di Susa.

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Bergolo, il “paese di pietra” con murales, dipinti e sculture

Rappresenta la meta ideale per chiunque decida di trascorrere una giornata intima, lontano   dalla folla e dal caos cittadino. Bergolo è il più piccolo Comune delle Langhe e la più piccola località che ha ottenuto la Bandiera arancione del Touring Club Italiano. Si tratta di un classico esempio di borgo rurale medievale, che si sviluppa intorno a una strada sulla quale si affacciano le case dalla struttura semplice e costruite tutte in pietra arenaria: da qui la definizione di “paese di pietra”, con le mura esterne delle case che ospitano decine di opere d’arte come murales, dipinti e sculture lasciate dagli artisti che hanno partecipato al concorso “Bergolo: paese di pietra”, ideato da Romano Vola nel 1993. Lo spazio panoramico Memorial Ezra Pound, con nove grandi pietre dipinte dall’artista Beppe Schiavetta e dotato di un piccolo anfiteatro, è di grande suggestione per godere a pieno della romantica vista sulle Langhe e sulla rete di sentieri, tra boschi e crinali, che si sviluppa intorno all’abitato.

 

 

Il Canale di Maria Bona a Giaglione

Grazie a quest’opera realizzata nel 1400, per molti anni il paese di Giaglione (Torino) registrò per molti anni un incremento demografico incredibile: vennero nominati irrigatori, addetti alle manutenzioni e le cause e i litigi per i cambi d’uso dei terreni e le relative tasse da pagare ai signori crearono dispute interminabili. Il “Lou Gran Blalhìe”, noto dal 1914 come il Canale di Maria Bona, è un pezzo di storia del territorio che ancora oggi è visitabile percorrendo un suggestivo sentiero pianeggiante da percorrere in alcuni tratti con cautela, a causa della vicinanza di pareti rocciose a strapiombo: il suo alveo taglia infatti le ripide pareti dei contrafforti del versante sinistro della Val Clarea ad un’altezza fino a trecento metri per una lunghezza di cinquecento metri circa, interamente scavato nella roccia. Nel periodo antecedente all’opera l’unica acqua utilizzabile era il torrente Clarea, che scorreva in alto nel suddetto vallone per poi inabissarsi nelle gorge gettandosi nella Dora Riparia senza lambire i terreni della comunità. Si rese quindi necessario pertanto costruire il canale, anche perché l’abitato era solo supportato da poche sorgenti e gran parte dei terreni non erano irrigabili. I primi progetti risalgono al 1200 ma i tentativi di deviare le acque del Clarea non sono mai stati avviati; solo nel 1400 con il superamento del Pian delle Rovine si porta a compimento l’opera.
Nel 1458 furono eletti quattro arbitri della Comunità per dirimere le questioni sui cambi di utilizzo delle coltivazioni e per gestire il complicato sistema di canali allora progettato.

 

La Sacra di San Michele tra storia e leggenda

A questo luogo magico si ispirò Umberto Eco scrivendo il celebre romanzo “Il nome della rosa”. E’ la Sacra di San Michele, uno dei monumenti più suggestivi di tutto il Piemonte, che sorge all’ingresso della Val di Susa in provincia di Torino, a quasi 1000 metri d’altezza, sulla cima del monte Pirchiriano.

La sua costruzione, antichissima, è a metà tra storia e leggenda. Di sicuro vi era un castrum romano a protezione dei traffici da e per la valle che porta in Francia, poi sostituito da una Chiusa longobarda che aveva il medesimo scopo. Contemporaneamente, però, in quest’epoca altomedievale, a partire dal V-VI secolo si diffuse la venerazione di San Michele Arcangelo, che porterà alla costruzione dei santuari di San Michele a Monte Sant’Angelo in Puglia e Mont Saint Michel in Normandia.

La Sacra di San Michele venne costruita tra il 983 ed il 987 ad opera di San Giovanni Vincenzo, che da Ravenna venne qui per condurre vita eremitica in seguito alla visione dell’Arcangelo Michele, che gli ordinò di erigere un santuario. La leggenda dice che la prima cappella venne consacrata direttamente dagli angeli, che di notte la avvolsero in un grande fuoco di purificazione.  Contemporaneamente il conte francese Hugon de Montboissier, signore dell’Alvernia e grande peccatore, venne in Italia per chiedere l’indulgenza per le sue malefatte a Papa Silvestro II. Questi gli offrì due possibilità di scelta: un esilio in povertà per sette anni, oppure la costruzione di un’abbazia. Sulla via del ritorno in Francia, Il conte Ugone decise quindi saggiamente di partecipare alla costruzione della Sacra, la cui direzione affidò ad un monaco benedettino francese. Fu l’inizio di un periodo di grande fulgore, con l’abbazia divenuta un centro importante di cultura e potere secolare, con grandi possedimenti terrieri.

Il complesso dell’Abbazia è interamente visitabile ed estremamente suggestivo; dal sepolcro dei monaci oggi in rovina, alle Foresterie, lo scalone dei morti ed il portale dello zodiaco, la chiesa con gli affreschi ed altre sale visitabili solo durante le visite speciali accompagnate. La vista dall’alto del monte Pirchiriano è davvero spettacolare: da un lato la città di Torino e la pianura padana, dall’altro tutta la Val di Susa e le sue montagne, mentre sotto l’abbazia lo strapiombo è da vertigini pure.

 

 

In bicicletta tra i Castelli del Barolo e le strade dei pellegrini

Oltre 100 percorsi geomappati, 4300 km attraverso 5 siti Unesco, 355 comuni, 17 parchi e riserve, 136 tra Dop, Dogc e Igp: il Piemonte si può attraversare in sella a una bicicletta ed ogni volta è una scoperta nuova. E’ il caso de “Tra i Castelli del Barolo” (Bra e Langhe), un percorso che tocca ben due siti Unesco: Barolo e il castello di Grinzane Cavour (nella foto), passando dal famosissimo borgo di La Morra, toccando Monforte d’Alba, comune bandiera arancione del Touring Club, Dogliani e Serravalle Langhe sino a Serralunga d’Alba. Sulle tracce invece della storia, invece, viaggia il percorso “Le strade dei pellegrini” (Astigiano). Da Asti a Albugnano l’itinerario segue l’antico tracciato dei sentieri che costituivano nel medioevo una delle tanti varianti della Via Francigena e si snoda tra luoghi di grande interesse naturalistico come il Parco di Valle Andona, Valle Botto e l’area dei Gorghi di Monale, le splendide chiese romaniche (San Nicolao a Settime, San Secondo di Cortazzone e San Giorgio di Bagnasco a Montafia) per giungere a Capriglio e percorrere i luoghi dell’infanzia di Don Bosco e Domenico Savio a Morialdo fino alla borgata Becchi, per salire verso Albugnano da Castelnuovo Don Bosco e poi arrivare alla Canonica di Santa Maria di Vezzolano.

 

Il Piemonte da scoprire in bici: la Castellania – Oropa

Un territorio splendido e variegato tra laghi, fiumi e colline, fino alle Alpi. Il Piemonte è un vero e proprio paradiso fatto di zone molto diverse tra loro e ognuna delle quali espressione di un’eccellenza, ma accomunate da scorci straordinari, ancora più belli se vissuti dalla sella di una bicicletta. E’ il caso dell’itinerario Castellania-Oropa, che parte da Acqui Terme e giunge al Santuario di Oropa (nella foto), passando per il Monferrato e per Castellania – paese natale di Serse e Fausto Coppi – ripercorrendo le strade del Giro d’Italia della edizione numero 100 che al Campionissimo e a Marco Pantani ha dedicato una tappa speciale. Qui la strada si impenna di emozioni con la mitica salita di Oropa affrontata nel finale anche nella tappa del Giro d’Italia 2017 (la Castellania Oropa/Biella), tratto che tutti conoscono come “la salita Pantani”. Per un’impresa del 1999 che ha fatto la storia del ciclismo, indissolubilmente legata al Pirata: emozioni pedalano dunque da Biella ad Oropa, sito Unesco, percorrendo l’Oasi Zegna, lo straordinario parco naturale ad accesso libero delle Alpi Biellesi dove famiglie, bambini e sportivi possono praticare attività nella natura.

 

 

 

Dogliani e il tratto più selvaggio delle Langhe

Dogliani è un grazioso paese della provincia di Cuneo famoso per la produzione vinicola e per uno dei Presepi Viventi più suggestivi di tutto il Piemonte. Ma rappresenta anche un ottimo punto di partenza per andare alla scoperta dell’Alta Langa, quella più selvaggia e non caratterizzata dalla monocultura della vite; in questo tratto collinare, infatti, alle vigne si alterano boschi (dove sopravvive, anche se in numero sempre più ridotto, il pino silvestre), prati e noccioleti. L’itinerario parte dall’abitato di Dogliani Castello: seguendo i piloni del Santuario Madonna delle Grazie, si arriva a Belvedere Langhe, con i ruderi del castello ed un panorama davvero impagabile. Da qui si può partire alla scoperta di tanti paesini, borghi, frazioni e pievi isolate adagiate sulle colline della Valle Tanaro o della Valle Belbo. I centri principali sono Bossolasco, con il tardo medioevale palazzo Balestrino, il centro storico invaso dalle rose e le storiche insegne d’artista. Murazzano, che oltre a dare il nome al grande formaggio DOP, conserva uno dei centri storici più interessanti del territorio, dominato dalla bella torre quadrata di pietra. E ancora Mombarcaro, che con i suoi 900 metri è la vetta delle Langhe, da dove, nelle giornate più terse, è possibile scorgere il Mar Ligure: da qui, appunto, il nome di Mombarcaro, ovvero monte delle barche; nella nuova parrocchiale, peraltro, sono stati recentemente trasferiti i preziosi affreschi che decoravano la vecchia parrocchiale romanica di San Pietro.

 

 

 

La Collegiata e la Cappella Marchionale, Revello svela i suoi tesori

Ai piedi del Monte Bracco e del Monviso, nel cuore della Valle del Po, il paese di Revello custodisce dei veri e propri tesori come la Collegiata, iniziata nel 1402 e terminata con Ludovico II intorno alla fine del XV secolo, e la Cappella Marchionale, al primo piano del Castello dei marchesi di Saluzzo, oggi sede del Municipio. Decretata con bolla di papa Sisto IV nel 1483, la Collegiata sorge all’estremità della via che attraversa il paese e dove inizia la collina. L’interno, in stile gotico lombardo, è formato da tre navate e qui si possono ammirare opere di grande valore artistico come il Fonte battesimale della famiglia Zabreri (1498), il Polittico dell’Epifania di Hans Clemer (1503) e il Polittico della Madonna delle ciliege, realizzato agli inizi del ‘500. Di notevole pregio sono anche l’ottocentesco Altare Maggiore (1850), l’affresco cinquecentesco che raffigura il nobile Rupert D’Amareuil raccolto in preghiera verso la Madonna e Gesù e il pulpito, opera di artigiani che lavorarono – intorno alla metà del XVII Secolo – presso l’Abbazia di Staffarda. Già dimora preferita da Margherita di Foix, moglie di Ludovico II, anche la Cappella Marchionale è un piccolo gioiello tutto da scoprire, che fu decorato nel 1519 proprio per volere delle marchesa. Sulle sue pareti laterali sono dipinte le vite dei Santi protettori dei marchesi, da una parte Santa Margherita e dall’altra San Luigi di Francia, al di sopra sono ritratti gli Evangelisti e i Dottori della Chiesa, mentre la famiglia Marchionale compare con diversi personaggi nelle lunette dell’abside. La contro facciata, invece, è abbellita da un dipinto dell’Ultima Cena, ispirato al capolavoro di Leonardo da Vinci.

 

 

 

Museo del Castagno_fuoriporta

Valloriate e le castagne, un legame da…Museo

Ha poco più di 130 abitanti, eppure custodisce gelosamente un passato agricolo fra i più importanti all’interno della Comunità montana Valle Stura, quel tratto di Appennino Ligure compreso tra le Liguria e il basso Piemonte. Un passato legato a doppio filo alla castanicultura, che per le genti di Valloriate ha rappresentato per tanti secoli la principale forma di sostentamento. E proprio per documentare l’importanza di questa pratica, oltre al legame fortissimo che ancora si mantiene tra le genti di Valaouria (come si dice in dialetto Occitano) e la “ghianda di Giove”, è sorto nel 2001 il piccolo Museo del Castagno.

Gli oggetti esposti all’interno dello spazio museale ed il materiale di ricerca prodotto illustrano l’importanza che l’attività della castanicoltura ha avuto in passato per le famiglie residenti nelle oltre quaranta borgate del Comune, il cui territorio è in buona parte ricoperto di secolari castagni. Nel locale allestito all’interno del Palazzo Comunale è possibile ammirare il modellino di un essiccatoio, una piccola costruzione che veniva utilizzata per essiccare le castagne in vista dell’imminente inverno; altri pezzi storici sono ventilabro che veniva utilizzato per mondare le castagne, il setaccio, il martello di legno per aprire i ricci, il grembiule contenitore e il ceppo per la battitura, oltre a diversi tipi di rastrelli e di falci. E non mancano documenti fotografici, e oggetti, attrezzi e sculture realizzate con legno di castagno da artigiani locali.