Albino e l’occhio etnografico

Siamo nella Valseriana, ad Albino, il centro abitato più grande delle Orobie Orientali. Meta curiosa per il tuo Fuoriporta. Dall’itinerario dedicato alle chiese, alla passeggiata lungo il fiume Serio, o un divertente outdoor nella Valle del Lujo.

Ascolta “Santhia’, dove il carnevale è storico e colossale” su Spreaker.

E’ inoltre d’obbligo la Ciclovia della Valle Seriana che si sviluppa lungo il corso del fiume Serio che offre passeggiate e pedalate nella natura, lontano da traffico ed inquinamento, per riscoprire spazi un tempo abbandonati, ma dal fascino notevole. Ad essa è collegata l’area Prato Alto, una zona di circa 40.000 metri quadrati di notevole importanza naturalistica. Accessibile al pubblico tutto l’anno, conserva quella che un tempo era l’originale copertura forestale della zona lungo il corso del fiume Serio.

Ma noi vogliamo concentrarci su una meta in particolare: il Museo etnografico.

Racconta i manufatti, elemento che meglio di qualsiasi altro dà voce al lavoro e alla cultura popolare locale, in particolare alla civiltà contadina.

E’situato a Comenduno nell’edifcio con la torre, una dipendenza della Villa Briolini Regina Pacis, ora di proprietà del Comune di Albino, un tempo utilizzato per raccogliervi la parte padronale dei generi prodotti dai mezzadri dei Briolini, industriali della seta.

Gli allestimenti museali sono suddivisi in sei diversi ambienti della villa Briolini Regina Pacis.
Al piano terreno dell’edificio con la torre, potrà essere seguita la sequenza granoturco-frumento, che documenta compiutamente le fasi lavorative necessarie alla produzione di farine alimentari partendo dalla terra che il contadino aveva in dotazione.
Ci sono poi…

CASA CONTADINA
Al primo piano si possono ripercorrere gli ambienti di una casa contadina, dove le famiglie contadine vivevano e lavoravano, dove sono esposte le attrezzature che vi trovavano posto.
I materiali esposti evidenziano anche l’evoluzione intervenuta nel periodo considerato.

CANTINA
In quella che era la cantina sotterranea della villa abbiamo ricreato una cantina-tipo, dove si trasformava l’uva in vino e dove si maturavano insaccati e prodotti caseari.

In altri locali della villa sono stati allestiti spazi espositivi che documentano le varie attività artigianali un tempo esistenti in valle: quelle del calzolaio, dello zoccolaio, del falegname, del tornitore, del fabbro, del fabbricante di orologi da torre.

Il museo, che dispone anche di una raccolta di orologi da torre prodotti ad Albino, è aperto la domenica dalle 10 alle 12, mentre negli altri giorni è visitabile su richiesta.

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Etna, tra miti e leggende, lo sci è con vista Ionio

Tempo di neve, tempo di Etna. Chi lo ha detto che per sciare si deve andare solo al nord. Il Monte Etna
o Muncibbeddu in siciliano ovvero Mongibello è la meta ideale se vuoi andare nella bella Sicilia, di cui è simbolo nel mondo.

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E’ il più grande vulcano attivo in Europa, oltre che uno dei più alti. Inserito dal 2013 nella World Heritage List UNESCO. Ricco di bellezza, storia e miti … si dice che l’attività di ceneri ed eruzioni laviche del vulcano sarebbero il ‘respiro’ infuocato del gigante Encelado, sconfitto da Atena e intrappolato per l’eternità in una prigione sotterranea sotto il Monte Etna, e i terremoti sarebbero causati dal suo rigirarsi tra le catene.

Vuoi avere il privilegio di sciare sul vulcano più attivo del continente? È possibile sia sul lato nord che sul lato sud dell’Etna. Vuoi osare?

Un po’ di numeri

Il Monte Etna si trova sulla costa orientale della Sicilia ed è il vulcano tra i più attivi del globo. Grazie ai 2700 anni di attività eruttiva, l’altezza massima del cono vulcanico oggi supera i 3300 metri di altitudine su circa 45 km di diametro di base. Tali dimensioni lo rendono il vulcano terrestre più imponente d’Europa e dell’intera area mediterranea.

Inserito nella Riserva Naturale del Parco dell’Etna, caratterizzata da formazioni rocciose sia piroclastiche sia laviche, profondi canyon e dalla Grotta del Gelo, una cavità in cui si è formato un ghiacciaio perenne, troviamo la Valle del Bove, una depressione vulcanica con la forma di un’enorme conca situata sul versante orientale del vulcano.

Attività

Tra le attività più amate in quest’area ci sono le escursioni sull’Etna: il Parco e il vulcano sono esplorabili lungo numerosi sentieri naturalistici aperti a tutti, ideali per godere di un panorama indimenticabile.
Oltre alle passeggiate, potrete scegliere di fare un trekking sull’Etna per esperti, o di inforcare una bici.

Dove sciare

Un’esperienza incredibile, infine, è sciare sull’Etna: i comprensori sciistici sono quello di Nicolosi, tra i 1910-2700 metri, e quello di Piani di Provenzana – Linguaglossa, tra i 1800-2317 metri.

L’area Etna-nord offre la possibilità di sciare partendo da quota 1800 metri e arrivare a quota 2400 metri con 3 skilift e una seggiovia con 4 piste rosse e 2 blu. Inoltre si può anche praticare lo sci di alpinismo, disciplina che ti fa provare a 360° l’adrenalina di sciare su un vulcano attivo come l’Etna.

Il primo comprensorio, di maggiori dimensioni, si estende da Nicolosi sino ai 2700 metri in località Montagnola comprendendo una telecabina a sei posti, una seggiovia biposto e 3 skilift su 3 piste rosse ed una blu, per lo sci alpino. Dagli impianti è possibile raggiungere le principali piste sciistiche a quote diverse:
– con le telecabine si raggiunge la pista “Piccolo rifugio” a quota 2.500 m (lunghezza 2.700 m – dislivello 580 m – pista colore rosso);
– con la seggiovia si raggiunge quota 2.142 m (lunghezza della pista 865 m – pista colore rosso);
– con lo skilift Omino si raggiunge quota 2.294 m (lunghezza della pista 1.992 m – pista colore rosso);
– la Montagnola parte da quota 2.500 m fino a quota 2.604 m.

La seconda skiarea Conserva Etna Nord Linguaglossa Piano Provenzana è dotata di una seggiovia quadriposto e 3 skilift che servono 4 piste rosse e 2 blu per la discesa.

Mentre a Nicolosi il versante è privo di vegetazione, le pinete ricoprono Provenzana da cui si ammira il mare Ionio. Coloro che preferiscono lo sci nordico trovano percorsi naturali designati dall’ente parco e dalla forestale a Piano Vetore (vicino a Nicolosi), a Piano Provenzana e nell’anello nel territorio di Maletto.

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Teolo, un delizioso Fuoriporta tra i Colli Euganei

Meta graziosa tra i Colli Euganei, Teolo in provincia di Padova è un delizioso Fuoriporta

Ascolta “The star is born: il porcino igp dell’Alta Valtaro” su Spreaker.

L’Abbazia di Praglia, culla della spiritualità e della cultura del territorio euganeo, è una meta imperdibile per tutti gli appassionati d’arte; la sua visita consente di conoscere da vicino la storia e le tradizioni secolari dei monaci benedettini nei Colli Euganei.
Si tratta di un monastero benedettino molto antico, fondato nell’XI secolo per iniziativa della nobile famiglia vicentina dei Maltraversi. Il suo nome deriva dal termine medievale “pratalea”, ovvero località tenuta a prati e si rifà probabilmente alla grande opera di bonifica e di messa a coltura di terre paludose della zona avviata proprio dai Benedettini nel Medioevo. Dopo una fase di decadenza, nel 1448 iniziò la rinascita grazie al legame con la potente Abbazia padovana di Santa Giustina, guidata da religiosi riformatori. In quegli anni avvenne anche la ricostruzione della chiesa e di parte degli ambienti monastici.
L’Abbazia di Praglia, ancora oggi abitata da monaci benedettini e meta di un costante turismo religioso, ospita al suo interno anche una Biblioteca Monumentale Nazionale, che contiene circa 100.000 volumi. La sala al piano superiore è impreziosita da 17 tele di G.B. Zelotti, pittore del tardo Cinquecento, inserite negli scomparti del soffitto in legno. Altre tele dello stesso artista, con temi biblici, si trovano ora nel refettorio.
Il laboratorio di restauro dei libri e codici antichi è un altro fiore all’occhiello dell’Abbazia.
Tra gli ospiti più famosi del monastero euganeo ricordiamo lo scrittore vicentino Antonio Fogazzaro, che ambientò a Praglia una scena del suo romanzo “Piccolo mondo moderno” (1901).

Il Santuario della Madonna del Monte, dedicato alla Beata Vergine Assunta, in cima al secondo colle più alto degli Euganei, vicino alle località di Rovolon e Teolo.
Una chiesa esisteva qui fin dal XIII secolo, citata in un testamento del 1253 e punto di riferimento per eremiti e pellegrini.
La chiesa “moderna” conserva parte delle murature dell’antica cappella costruita nel ‘500 che sono state riportate alla luce da un recente restauro.
All’interno, sulla parete centrale del presbiterio, si trova una statua trecentesca della Madonna col Bambino, in pietra policroma, attribuita ad Andriolo de’ Santi. Altre testimonianze artistiche dell’antica chiesa risalgono al XVII secolo, sono una pala dipinta da Giovanni Battista Bissoni (allievo del Varotari) raffigurante San Rocco e un crocifisso ligneo di autore ignoto.
Come l’abbazia di Praglia da cui dipende, anche il Santuario della Madonna del Monte è oggi meta di visitatori e di devoti.

Come arrivare a Teolo

Autostrada A4 Milano-Venezia, uscita Padova Ovest
Autostrada A31 Valdastico sud, uscita Agugliaro
Autostrada A13 Bologna-Padova, uscita Terme Euganee
Teolo è servito anche da alcune linee di servizi pubblici:
Autobus SITA
Autolinea SITA da Padova – Terminal autobus SITA, Via della Pace (zona Stazione FF.SS.) – direzione Noventa Vicentina – Vò Euganeo – Valbona

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Villaggi rupestri, connutti, arte e bellezza a Vignanello

Immersa nella Tuscia, eccola lì, che svetta nel verde, tra le scenografiche forre che caratterizzano la zona, è Vignanello. Meta viterbese già molto nota, infatti non ti parleremo delle sue bellezze più blasonate, ma vogliamo raccontarti di quei luoghi, più piccini, che a noi piacciono tanto…

Ascolta “Villaggi rupestri, connutti, arte e bellezza a Vignanello” su Spreaker.

Accompagnaci. Entriamo nel villaggio rupestre di San Lorenzo. Non sarà facile da trovare. Munisciti di mappe e navigatore! Qui ci sono le grotte che prendono il nome del santo, non sono tra le più conosciute, ma belle anche per questo. Qui c’era un insediamento monastico organizzato sul lavoro agricolo, una realtà autosufficiente, con disponibilità di acqua, prossima alle vie di comunicazione e tuttavia mimetizzata sulla parete di una valletta. Un nucleo abitato che comprende la necropoli, i depositi di derrate, gli ambienti residenziali domestici, la cappella, le stalle e aree rustiche per il lavoro dei prodotti dei campi. Se aggiungi la presenza di affreschi, troverai più di un motivo per organizzare un’interessante passeggiata dedicata all’archeologia medievale.
Sbalordito, vero?
Ma proseguiamo…

Dal Molesino, alla Valle della Cupa, di Cenciano e di San Rocco, tutte aree archeologiche di inestimabile valore, se ne possono visitare delle parti, grazie all’Associazione ‘I Connutti’ fatta di volontari vignanellesi, che hanno reso parzialmente percorribili una serie di cunicoli di epoca falisco-etrusca, chiamati non appunto i Connutti, che attraversano il sottosuolo del paese, congiungendo il Castello Ruspoli alla Chiesa Collegiata e diramandosi poi per qualche chilometro verso le campagne e il paese confinante. Che fascino!

Certo, a Vignanello si deve venire con scarpe comode e con il mood di Indiana Jones!

Se ami invece l’architettura religiosa, qui c’è la chiesa di San Sebastiano, datata 1625, che custodisce una Vergine Maria con San Sebastiano e San Francesco attribuita al Pomarancio. Ma non è certo di quale, dei tre artisti toscani noti con questo soprannome, si tratti. Sbricia!
Di scuola bolognese, c’è invece la Vergine nella chiesa di San Giovanni Decollato.

La terra falisca dove svetta Vignanello è immersa in un’atmosfera fiabesca tra vicoli e cantine scavate nel tufo e il castello Ruspoli con il suo suggestivo giardino all’Italiana.
Tra le tradizioni che caratterizzano questo delizioso spicchio di Tuscia, c’è il vino.
Risale almeno al secolo IV a.C., come suggerisce il ritrovamento nella necropoli del Molesino di uno stamnos falisco a figure rosse, in cui Dioniso rivela a suo figlio Oinopion il segreto per la produzione del vino. Lo stamnos è esposto nel Museo nazionale etrusco di Villa Giulia, a Roma. Ci andrai dopo la vostra visita a Vignanello!
Il commercio di vino più consistente è da sempre stato diretto verso la Capitale e il Greco di Julianellum, antico nome di Vignanello, appare sulle mense dell’aristocrazia ecclesiastica ad opera di Ortensia Farnese che governò il paese nel XVI secolo.

Cin Cin!
Termina il tuo giro vignenellese nel centro storico. Da Piazza della Repubblica, proprio di fronte ad una delle chiese più graziose del paese, la Collegiata di Santa Maria delle Presentazione fino ad arrivare alla Chiesa di San Sebastiano, esempio di creatività barocca. I vicoli. Le botteghe. Comignoli fumanti. Non vedrai l’ora di tornare, non appena sarai risalito in macchina.
Per prenotare tutte le visite che vorrai, nella bella Vignanello, chiama il numero della Biblioteca Comunale 0761 75 43 39

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Zuppa di cicerchia... freddo non ti temo!

Gusto e storia a Serra de’ Conti. L’itinerario di gusto

Non c’è autunno senza cicerchia!
Siamo nelle Marche, in uno spicchio di terra tra le colline, terra magica che anno dopo anno fa sbocciare un’eccellenza, un legume antico che è tornano alla luce, grazie alla dedizione e alla volontà di Serra de Conti. È qui che siamo, ed è qui che vi vorremmo tutti.

Ascolta “La cicerchia, storia è gusti di Serra de’ Conti” su Spreaker.

Qui c’è la cicerchia bbbbbuona. Con cinque “b”. Ma potrebbero anche essere di più, le “b”. Perché più buona di quella di Serra de Conti non troverai.
Viene servita in tanti modi, ma quello che più di ogni altro ci piace da impazzire è nella pagnotta svuotata dalla mollica e ripiena di zuppa calda di cicerchia.
L’acquolina è in bocca al sol pensiero!

Non è facile spiegare il valore della cicerchia, perché non solo è buona e ha una quantità di proprietà organolettiche da far sobbalzare anche i più integralisti della sana alimentazione… ma la cicerchia sta a Serra de Conti come…. Diciamolo pure, con onestà e umiltà, ebbene come il Colosseo sta a Roma.

Infatti devi venire per credere! Assaggiala e ci dirai! La cicerchia ti aspetta ogni anno, l’ultimo fine settimana del mense di novembre.

Conosciuta e ampiamente utilizzata già dagli antichi Romani la cicerchia è un legume che ha pochi grassi e molti amidi e, averla in dispensa, costituiva una garanzia per l’imminente inverno perché ha un buon rapporto proteico superiore del 30% a quello dei ceci, del pisello e della lenticchia. Prendi nota, raccontalo in giro, farai un figurone!

Divenuta oggi elemento di identità delle Terre del Verdicchio, la cicerchia è un legume antico che cresce anche nei terreni marginali e più impervi: simboleggia quindi la volontà di resistere anche in situazioni avverse e festeggiarla in questo momento storico, è davvero di buon auspicio, ancor più tenerne una scorta a casa! Vieni a Serra de Conti con iul bagagliaio vuoto!

Di cantina in cantina sarà un viaggio nel sapore delle Marche, di cui la cicerchia è regina indiscussa. Ma c’è anche il Lonzino di Fichi, non che sia un concorrente, ma a gusto… se la batte dignitosamente. C’è la Sapa… non sai cos’è. Non te lo sveleremo, dovrai esser presente a Serrà de Conti per la Festa di sua maestà la Cicerchia.
Non perderti tra una passeggiata e l’altra un goccino, anche un po’ di più, di vino di visciola… toccherai il ciel con un sol dito!

La panza è dunque piena. Idee per smaltirla e non vedere i draghi durante il sonno? A Serra de’ Conti meritano una visita il Museo delle Arti Monastiche, una struttura unica nel suo genere che racconta oltre cinque secoli di vita claustrale attraverso gli oggetti della vita quotidiana e delle attività manuali delle monache, oltre al Chiostro di San Francesco annesso al Palazzo Comunale, al Monastero di Santa Maria Maddalena e al percorso panoramico di San Paterniano.

È tutto chiaro? Ti abbiamo informato per bene sulla cicerchia? Riascolta il podcast, che poi a Serra de Conti, prima di entrare ti interrogheremmo!

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San Casciano dei Bagni, la nuova Riace

C’è sempre una buona ragione per raggiungere San Casciano nel Fuoriporta.

Oltre 20 statue di bronzo in perfetto stato di conservazione, ex voto e altri oggetti, ma anche cinquemila monete in oro, argento e bronzo, sono state ritrovate.

Ascolta “Il foliage, l’impietrata, e molto altro nella bella Serra de’ Conti” su Spreaker.

Il passato riemerge dalle nostre terre, nei modi più fabuleschi.
I bronzi di San Casciano raffigurano le divinità venerate nel luogo sacro, assieme agli organi e alle parti anatomiche per le quali si chiedeva l’intervento curativo della divinità attraverso le acque termali. Dal fango caldo sono riemerse effigi di Igea e di Apollo, oltre a un bronzo che richiama il celebre Arringatore. Si tratta di ben 24 statue di bronzo: divinità, matrone, fanciulli e imperatori. Un tesoro inestimabile adagiato dolcemente sul fondo della grande vasca romana. Lì il giovane efebo ha “dormito” placidamente per 2300 anni protetto dal fango e dall’acqua bollente delle vasche sacre. Un deposito votivo incredibile, con statue in bronzo di raffinatissima fattura, cinque delle quali alte quasi un metro, tutte integre e in perfetto stato di conservazione.

San Casciano dei Bagni è da sempre una meta tra le più predilette della Toscana. Oggi ti offre la possibilità di vedere con i tuoi occhi un pezzo di storia di ineguagliabile valore.

Un ritrovamento che batte di gran lunga Riace, i reperti sono venuti alla luce grazie alla campagna di scavo al santuario etrusco-romano connesso all’antica vasca sacra della sorgente termo-minerale del Bagno Grande.

A San Casciano nasceranno dunque un nuovo museo, che ospiterà le eccezionali statue, e un parco archeologico. Due nuovi luoghi che saranno per il territorio un vero e proprio motore di sviluppo che andrà ad aggiungersi alla già entusiasmante presenza dei giovani archeologi provenienti da tutto il mondo che, grazie a questo scavo, stanno ripopolando il paese ormai per molti mesi all’anno.

Secondo gli esperti le 24 statue appena ritrovate si possono datare tra il II secolo avanti Cristo e il I dopo. Il santuario, con le sue piscine ribollenti, le terrazze digradanti, le fontane, gli altari, esisteva almeno dal III secolo a.C. e rimase attivo fino al V d.C., racconta, quando in epoca cristiana venne chiuso ma non distrutto, le vasche sigillate con pesanti colonne di pietra, le divinità affidate con rispetto all’acqua. È anche per questo che, rimossa quella copertura, gli archeologi si sono trovati davanti un tesoro ancora intatto. Probabilmente il più grande deposito di statue dell’Italia antica.

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Parco dei Nebrodi, tra natura e tradizione

Il Parco dei Nebrodi, luogo tra i più incontaminati della Sicilia, se non altro dal punto di vista naturale, è il nostro Fuoriporta per questa settimana. 86000 ettari di superficie, è la più grande area naturale protetta della Sicilia.

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E’ un luogo davvero unico, che mostra un altro lato della Sicilia che probabilmente molti non conoscono.
Chiudi gli occhi e in un attimo ti sembrerà di stare nelle località montane del Nord Europa. Sei in Sicilia!
Qui le temperature in inverno possono raggiungere anche i -10 gradi, vista l’altitudine e i vasti boschi…
Ci sono laghetti, cascate e magnifici punti panoramici, dai quali potrai anche ammirare i maestosi grifoni, che sono stati reintrodotti nel parco qualche anno fa.

I Nebrodi, insieme alle Madonie ad ovest e ai Peloritani ad est, costituiscono l’Appennino siculo. Si affacciano, a nord, direttamente sul Mar Tirreno, mentre il loro limite meridionale è segnato dall’Etna, in particolare dal fiume Alcantara e dall’alto corso del Simeto.

Tra i punti di interesse più belli ti segnaliamo:

Le Grotte del Castro, paradiso dei Grifoni e dell’Aquila Reale. Sono rocce cristalline lisce e lucenti, fatte da calcari dolomitici bianchi e rosa.
Raggiungono un’altezza di 1314 metri. Sulla vetta sono ancora visibili le tracce di un antico centro fortificato, con resti di una fortezza ed una torre di avvistamento, di probabile origine bizantina VI secolo dopo Cristo, circa.
Queste rocche ospitano la grotta del Lauro, ricca di stalattiti e stalagmiti, raggiungibile attraverso un itinerario di tre chilometri che da Alcara Li Fusi si snoda lungo la strada per Portella Gazzana ed oltre, per ancora un chilometro lungo un tortuoso ed impervio viottolo.

C’è poi la Cascata del Catafurco, la più bella dei Nebrodi, meta perfetta per piacevoli trekking immersi nella natura. E’ possibile scegliere tra due differenti percorsi che giungono sino alla cascata. Due piacevoli passeggiate adatte a chiunque goda di buona forma fisica. Chi desidera arrivare a destinazione più rapidamente può imboccare la vecchia trazzera che parte da contrada San Basilio e che, con 4 chilometri di cammino, conduce sino alla cascata. Lungo il tragitto si potranno ammirare l’antico villaggio dei pastori in Contrada Molisa, oggi in parte abbandonato, dove sono ancora visibili le casupole in pietra edificate senza l’ausilio della malta e i caratterstici “pagghiari”(i pagliai) utilizzati dai pastori come riparo. Per far ritorno a contrada San Basilio si potrà seguire lo stesso percorso a ritroso. Chi, invece, ama camminare potrà intraprendere il suggestivo percorso ad anello di 11 chilometri che parte da Portella “Addrichi”, nel territorio di Galati Mamertino, a poca distanza dall’Area del Capriolo e percorre un sentiero sterrato per circa 7 chilometri prima di arrivare alla Cascata, dalla quale, poi, si potrà imboccare la trazzera che attraversa il villaggio di Molisa per far ritorno a Contrada San Basilio.

L’ultima tappa che noi ti consigliamo di non perdere è il Lago Biviere. Qui il telefono non prende quindi studia la zona prima di partire.
Il posto è meravigliosa ricco di natura e animali. Il lago è circondato da uno steccato e filo spinato, non è necessario scavalcare, c’è un cancelletto in pali di legno percorrendo la strada verso floresta. Guarda la mappa in versione fotografica e vedrai i sentieri e gli ingressi attorno al lago.

Prima di andar via, scopri la millenaria civiltà dei contadini e dei pastori nebrodensi che si riflette in numerose produzioni artigianali. Ricami di tovaglie e lenzuola eseguiti a mano, ceste e panieri di giunco o canna, oggetti per uso agricolo in legno o ferla, lavorazione della pietra e del ferro battuto, realizzazioni, con antichi telai, di colorate stuoie e tappeti (pizzare), produzione di pregevoli ceramiche sono i segni tangibili dell’operosità e della fantasia del popolo dei Nebrodi.

I prodotti alimentari... buonissimi: il dolce o piccante canestrato, il gustoso pecorino, la profumata provola e la delicata ricotta vengono, ancora oggi, lavorati dalle sapienti mani dei pastori. Le produzioni d’olio d’oliva, miele, nocciole, pistacchio e frutti di bosco; saporite le conserve dei pomodori, funghi e melanzane; molto apprezzati i dolci con pasta reale, chiacchiere, ramette, crispelle, latte fritto, giammelle, pasta di mandorle.

Un buon Fuoriporta non può che chiudersi a tavola!

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A passeggio tra bellezza e storia a Pietrasanta

Pietrasanta è un tesoro da scoprire anche quando l’effervescenza dell’estate si spegne e le giornate si fanno, pian piano, più uggiose. Sono diversi, infatti, i punti d’interesse che rendono la cittadina versiliese una meta imperdibile per chi ama la cultura e per chi vuol godere della bellezza, che qui si può vivere tutto l’anno, in coppia, in famiglia o anche in un affascinante viaggio solitario.

Ascolta “A passeggio tra bellezza e storia a Pietrasanta” su Spreaker.

Molti di questi luoghi sono raggiungibili in una manciata di passi, ai quattro lati della centralissima piazza Duomo.

Andiamo!

Il Complesso di Sant’Agostino, formato dalla chiesa e dall’attiguo ex convento, con il caratteristico chiostro, è uno dei luoghi più particolari e visitati di Pietrasanta. La chiesa fu edificata nel XIV secolo dai frati agostiniani. Una scalinata in marmo conduce all’interno, dove il pavimento su tre livelli segue la pendenza del terreno ed è costellato da numerose lapidi sepolcrali di antiche famiglie nobiliari.
A fianco della chiesa si trova il convento con il suo splendido chiostro, un susseguirsi di colonne in marmo che, un tempo, era interamente affrescato dal pittore senese Astolfo Petrazzi con episodi della vita di Sant’Agostino, opere rimaste, in parte, ancora visibili. Il complesso è oggi sede del centro culturale “Luigi Russo”, della biblioteca comunale e del caratteristico Museo dei Bozzetti “Pierluigi Gherardi”.
Proprio qui si perfeziona un percorso espositivo unico al mondo, lungo i corridoi del chiostro che offrono al pubblico oltre 1000 opere donate da artisti di tutto il mondo, testimonianza tangibile dell’attività scultorea che ha animato Pietrasanta dall’inizio del Novecento all’età contemporanea.

Fernando Botero, Giò Pomodoro, Igor Mitoraj sono solo alcuni dei grandi artisti che qui si trovano rappresentati da bozzetti in gesso che raccontano la prima idea dello scultore, poi trasformata nelle grandi opere che oggi si trovano in diverse parti del mondo.

Appena usciti dal Sant’Agostino ecco Palazzo Moroni, sede del Museo archeologico versiliese “Bruno Antonucci”. Nato grazie alla raccolta di reperti archeologici riportati alla luce grazie all’attività di ricerca sul territorio della Versilia e nelle aree limitrofe, offre ai visitatori un affascinante percorso dalla Preistoria al Medioevo, dalle punte di freccia e i manufatti in pietra datati all’Età del Rame, fino alle ceramiche rinascimentali dalle ricche lavorazioni e decorazioni. L’edificio, con la sua doppia scala esterna, è uno dei più caratteristici della città, dal punto di vista storico e architettonico.

Sul lato opposto della piazza, Palazzo Panichi ospita invece il museo dedicato a padre Eugenio Barsanti inventore, con Felice Matteucci, del motore a scoppio. Al primo piano sono conservati prototipi e documenti che hanno portato i due inventori italiani alla realizzazione del primo modello funzionante, oltre a una serie di oggetti personali e cimeli. La città di Pietrasanta, dal 2006, celebra i due rivoluzionari progettisti con un Premio internazionale a loro intitolato, riconoscimento a quanti proseguono l’opera di ricerca e perfezionamento dei mezzi a motore.

L’edificio che domina, maestoso, la piazza centrale di Pietrasanta è la Collegiata di San Martino. Gioiello del 1300 rivestito di marmi bianchi, con una facciata dal profilo spiovente impreziosita da numerosi elementi come il raffinato rosone, vari bassorilievi e alcuni stemmi relativi alle dominazioni esercitate, nei secoli, sulla città, accoglie all’interno affreschi, opere scultoree di alto pregio e la venerata reliquia della “Madonna del Sole”.

Sulla sinistra del Duomo si erge, infine, il campanile. Alto 36 metri ed edificato tra la fine del XV° e l’inizio del XVI° secolo, in laterizi rossi, all’interno sviluppa una scenografica scala a forma elicoidale che, senza alcun sostegno al centro, crea l’illusione di portare alle porte del Cielo.

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Cameri tra sacro, profano e outdoor… siamo a Novara!

I primi abitanti del territorio di Cameri furono i Liguri-Levi, ma sulle origini del nome, che alcuni ritengono romane, altri celtiche, esistono diverse versioni. Una prima attribuisce il nome Cameri a “Campo di Marte”, luogo presso il Ticino dove Scipione si fermò nella battaglia contro Annibale.

Ascolta “E oggi siamo nel Castello di Compiano “dove il tempo si è fermato”.” su Spreaker.

Storia a parte, Cameri cittadina piemontese, ma a pochi passi dalla lombarda Milano, è una meta per il Fuoriporta in cui poter scoprire architetture religiose e civili, tra queste la Chiesa di San Michele Arcangelo che per gli amanti del genere è una ghiotta destinazione. Qui sono conservate diverse opere di pregio, tra le quali l’altare maggiore, risalente al 1866, l’organo, costruito dalla ditta Bernasconi e inaugurato il 2 aprile 1902, e la statua lignea raffigurante la Beata Vergine Maria, intagliata da Francesco Sella.

Dal sacro al profano, passiamo alla scoperta di Villa Picchetta assegnata un tempo come compenso di servizi bellici ai Cid, famiglia di Saragozza, abitante a Milano, che intraprese numerose opere di bonifica nel territorio e di ampliamento dell’edificio stesso, fino a quando nel 1649 passò per eredità, ai Gesuiti di Novara.

Di mano in mano, la villa oggi è inserita nel Parco Naturale del Ticino e a Giugno, per i fortunati amanti dei Fuoriporta che qui verranno, c’è un angolo della Provenza che li attende, perchè il territorio si riempie di lavanda.
D’altronde la passione di quest’angolo della provincia novarese per i fiori nasce da lontano. Leggiamo da documentazioni che il “Palatium Pichette” era circondato da giardini fioriti e piantumati con alberi da frutto già nei secoli scorsi.

Un po’ di outdoor non può mancare nelle passeggiate Fuoriporta.
La ciclovia del Villoresi è un itinerario ciclabile di circa 100 km che collega la diga del Panperduto, dove nasce il canale Villoresi, e il fiume Adda a Groppello, frazione del comune di Cassano d’Adda. Il percorso si svolge per buona parte su sede propria ma alcune parti seguono strade promiscue a bassa percorrenza. Iniziando questo viaggio in bici dal Ticino, al confine con il Piemonte, si pedala sempre in pianura superando Monza, Gessate e giungendo sull’Adda.

Lo sai che?
Il Villoresi è un canale d’irrigazione ideato da Eugenio Villoresi, un ingegnere lombardo che visse nel XIX secolo. Terminato nel 1890, ad oggi risulta essere il secondo canale artificiale più lungo d’Italia dopo quello Emiliano – Romagnolo, il canale nasce dal fiume Ticino, al confine tra Piemonte e Lombardia. Il viaggio del Villoresi inizia alle dighe del Pan Perduto, nella provincia di Varese e termina a Cassano d’Adda, quando l’acqua del canale, dopo 86 km in linea retta, entra nel fiume Adda, dove corre anche la ciclovia dell’Adda.

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Outdoor e opere militari. Suggestiva Valcamonica

E’ uno dei luoghi più suggestivi del Parco dello Stelvio, in Valcamonica.
Vi portiamo, ai Laghi di Ercavallo, passando dal borgo alpino di Case di Viso. Siamo a pochi passi dal comune di Ponte di Legno, meta turistica, nota specialmente per le abitazioni che conservano immutata la loro architettura originaria in muratura, risalente agli inizi del XIX secolo, e che sono state teatro di una rappresaglia nazista dopo l’armistizio dell’8 settembre.

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Superato l’abitato di Viso si raggiunge facilmente un’area di sosta attrezzata con tavoli e barbecue in pietra, per poi proseguire verso la testata della valle. Il sentiero si fa poi più stretto e rimane esposto sul fianco destro della vallata.

Dopo quasi due ore di cammino si arriva all’altopiano di Ercavallo dove, proseguendo brevemente, lungo una mulattiera militare, si raggiunge il primo e più grande lago (2621 m). Lo scenario che ci si presenta è affascinate, brullo e pietroso e si gode di una meravigliosa vista sull’Adamello e sulla Presanella.

Con del tempo a disposizione, è davvero affascinante e relativamente impegnativo l’itinerario che porta alle torbiere del Passo del Tonale: un percorso ad anello di circa 1,30 ore con poco dislivello che tocca anche l’ossario, oggi monumento ai caduti della Prima Guerra Mondiale. Per chi preferisce la bicicletta sono particolarmente piacevoli i percorsi lungo il fiume Oglio e il Lago di Iseo, ma anche la “Pista ciclabile camuna” che si snoda per oltre 40 chilometri, incontrando i centri di Breno, Darfo Boario Terme, Pisogne, giungendo quindi sulla riva orientale del Lago d’Iseo.

… ma torniamo alla meta che ci siamo prefissi: Laghi di Ercavallo. Si raggiungono dal rifugio Bozzi percorrendo un sentiero molto comodo che costeggia le montagne. Lungo questo sentiero è possibile incontrare stambecchi e marmotte. Durate questa bellissima traversata sostanzialmente facile, un po’ di cautela va prestata nell’attraversamento di alcuni canali, per il materiale franoso e in posizione un poco esposta.
Nei pressi del rifugio, che fu una caserma durante la prima guerra mondiale, si trovano numerose opere militari, trincee e baraccamenti, recentemente recuperate, oltre a molti pannelli illustrativi.

Per chi ama l’outdoor, i laghi di Ercavallo saranno un luogo meraviglioso da raggiungere in bike o a piedi!

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