Uomo e natura in mostra all’Ecomuseo del Vajont

L’uomo e la natura che lo circonda non sono mai stati così vicini. La storia del Comune di Erto e Casso, oggi parte dei Borghi Autentici d’Italia, è stata segnata nel 1963 dall’immane tragedia della diga del Vajont. Ma la popolazione di questo tratto della provincia di Pordenone ha avuto il coraggio di ripartire, e l’Ecomuseo del Vajont rappresenta per i visitatori un’occasione unica per scoprire i segni indelebili lasciati dalla natura e dagli uomini in questo territorio. E’ il legno il filo conduttore del museo che custodisce la storia del paese. Qui il noto scrittore Mauro Corona ha dato la parola agli alberi con “Voci del Bosco”, il percorso audio-sonoro accessibile con le cuffie sensoriali, mentre l’incanto dei boschi ertani si svela attraverso “La magia del legno che diventa carbone”, mostra dedicata all’antico mestiere del carbonaio. Il legno diventa anche giocattolo, culla e suole delle scarpe nella mostra dedicata al bambino; oppure oggetto da vendere, carretto e cassettiera sulle spalle dei coraggiosi venditori ambulanti nel percorso tematico “Partire partirò partir bisogna…”. All’interno dell’Ecomuseo sono inoltre esposte le opere lignee di tutti gli artisti che hanno partecipato al Simposio di Scultura di Erto che si tiene ogni anno, e che celebra la continuità di vita dopo l’anniversario della catastrofe del Vajont.

 

La via Dauna, in viaggio tra Puglia e Basilicata

Non una semplice strada, quanto piuttosto un viaggio a ritroso nel tempo a cavallo tra la Puglia e la Basilicata: la via Dauna attraversa gli splendidi paesaggi dei monti Dauni, in un percorso in cui ogni località è un “quadro” di storia. Un itinerario alla sua scoperta può partire da Lucera, che alla confluenza delle valli molisane e campane domina il Tavoliere: una posizione decisamente strategica, come dimostrano le tracce di villaggi neolitici nel III millennio a.C.; fedele alleata di Roma, Lucera fu nel Medioevo valorizzata da Federico II e divenne il centro dei musulmani fedeli agli Svevi, tanto da essere conosciuta come la Cordova di Puglia. A Melfi (nella foto) antica capitale della Contea di Puglia, si può ammirare uno dei più importanti e articolati castelli medievali italiani costruito alla fine dell’XI secolo dai Normanni. La città è stata sede tra il 1050 e il 1137 di cinque concili indetti da cinque Pontefici diversi (oltre a quello del 1130 convocato da un antipapa): evidentemente già da allora era ospitale e con ottimo cibo. Poco dopo Venosa, patria natale di Orazio – nel complesso della Trinità i maestosi resti della Chiesa dell’Incompiuta sono un esempio di come anche allora per beghe di potere opere importanti siano rimaste in sospeso – la Via Daunia si ricongiunge alla Sveva verso Matera.

 

Giardini botanici di Merano: piante da tutto il mondo

Riuniscono in un anfiteatro naturale paesaggi esotici e mediterranei, vedute mozzafiato sugli scenari montani circostanti e su una Merano baciata dal sole. Sono i Giardini di Castel Trauttmansdorff della città termale dell’Alto Adige, che si estendono su una superficie complessiva di 12 ettari; al loro interno prosperano e fioriscono piante da tutto il mondo, una particolarità di grande fascino per visitatori di ogni età, appassionati di botanica o gente comune. Gli ottanta singoli giardini tematici sono organizzati in 4 “mondi di giardino” diversi. I primo sono i giardini del sole, posizionati sotto il castello ed orientati verso sud: qui si trova tra l’altro il giardino proibito con piante mistiche e velenose, un olivo di settecento anni, cactus e limoni. In primavera qui si trovano decine di migliaia di tulipani in fiore. I secondi sono i boschi del mondo, sul lato settentrionale del castello, che mostrano piante, fiori ed alberi di tutto il mondo: dal giardino giapponese alla spiaggia delle palme, è possibile di visitare uno rarissimo esemplare di Wollemia Nobilis. Poi ci sono i giardini acquatici e terrazzi, un mondo fatto di laghetti, labirinti, un palmeto con duecento palme ed il giardino dei sensi, pieno di piante aromatiche. L’ultimo “mondo” è dedicato ai paesaggi dell’Alto Adige e contiene vigneti, frutteti, un orto di montagna e boschi sudtirolesi tradizionali.

 

Merano vista dall’alto con la Passeggiata Tappeiner

E’ considerata la perla dell’Alto Adige, una cittadina di 40 mila abitanti nella quale convivono cittadini di origini italiane e tedesche. E’ Merano, con il suo centro storico medievale caratterizzato da portici e piazze ben curate, in un affascinante mix di vecchie mura, negozi moderni e accoglienti piccoli locali. Un modo originale per andare alla scoperta di questo gioiello è la Passeggiata Tappeiner, ideata e finanziata dall’omonomo medico alla fine del 1900: questa strada accompagna i visitatori a 380 metri di altezza sopra la città, da Est a Ovest, lungo un sentiero lungo 6 km. Molto curata in ogni dettaglio, la Passeggiata ospita 400 piante diverse ed è raggiungibile da diversi punti dal centro di Merano e da Gratsch (Quarazze). Grazie ai molteplici accessi dal centro storico, durante il tragitto si può decidere se fare tutto il percorso fino a Lagundo o fare solo il tratto più bello, quello tra centro storico e torre delle polveri, per poi tornare su uno dei sentieri nel centro di Merano.

 

Putignano, il Carnevale e la grotta del Trullo

La città per eccellenza del Carnevale pugliese sorge a pochi chilometri da Alberobello. Putignano è famosa in tutta Italia per le sfilate dei carri allegorici, ma non tutti sanno che – con la sua caratteristica struttura urbanistica medioevale – rappresenta uno dei centri storici più interessanti della zona. Percorrendo la “chiancata”, la lunga strada che in passato univa le due porte d’accesso alla città, si raggiunge Piazza Plebiscito, il cuore pulsante della cittadina: qui si affacciano la Chiesa Madre di San Pietro Apostolo, splendido esempio di romanico pugliese, il Palazzo del Balì, un tempo dimora dei Cavalieri di Malta e oggi sede del Museo Civico, e il Sedile, per tanti secoli sede del governo cittadino.

L’itinerario alla scoperta di Putignano può proseguire in direzione della Chiesa trecentesca di Santa Maria la Greca, nella quale sono custodite dal 1394 le preziose reliquie di Santo Stefano; appena fuori dal centro storico, nei pressi di Porta Barsento, merita una visita il Convento seicentesco di San Domenico: la facciata barocca apre a un interno decorato da eleganti stucchi e notevoli arredi sacri, tra cui un bel pulpito in legno dorato. A pochi chilometri di distanza dall’abitato, davvero imperdibile è la Grotta del Trullo, un tesoro sotterraneo di stalattiti e stalagmiti scintillanti dalle forme disparate e dai colori straordinari, rinvenuto per caso nel 1931 ed oggi meta di visitatori provenienti da ogni parte del mondo. L’entrata è protetta da un trullo costruito nel 1935 e una scala a chiocciola di 45 gradini, progettata dall’ingegnere Gaetano Palmiotto, consente di accedere comodamente alla grotta, regalando dall’alto una vista mozzafiato.

 

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Mamoiada, Fonni e Gavoi, viaggio nel cuore della Barbagia

La prima testimonianza della presenza umana in quest’area risale alla preistoria. La Barbagia, d’altronde, rappresenta la Sardegna più aspra e selvaggia, in qualche modo più “vera”. Quella che gli Antichi Romani definivano “la terra dei barbari” era in realtà un’unica, misteriosa landa, fatta di montagne, grotte nascoste, selve impenetrabili e gole profonde; e ancora oggi, a distanza di tanti secoli, la Barbagia è una sorta di museo vivente che conserva la sua fiera natura e la sua naturale ospitalità. Un viaggio in questa terra non può che partire da Mamoiada, nota in tutta Italia per il particolarissimo Carnevale che vede protagonisti i Mamuthones e Issohadores (nella foto); una meraviglia che si può apprezzare tutto l’anno, visitando il Museo delle Maschere Mediterranee. E oltre al caratteristico centro storico nel quale spiccano la Chiesa di Loreto e quella dedicata alla beata Vergine Assunta, tutti i dintorni di Mamoiada meritano una visita, con tracce archeologiche risalenti al Neolitico come l’antica stele “sa perda pinta”, ovvero la pietra dipinta, oppure il nuraghe di Arrailo, nel Rione “sa Pruna”. A pochi chilometri di distanza sorge Fonni, famoso per essere il comune più alto della Sardegna, da dove partono le escursioni per il Gennargentu. Nel suo centro storico meritano una visita la chiesa di san Giovanni Battista in stile tardogotico, il santuario della Vergine dei Martiri, affiancato dal convento francescano e dall’oratorio di san Michele e il museo della Cultura pastorale, allestito in una casa padronale del 1800, dove è possibile rivivere lo scorrere della vita agro-pastorale che ha caratterizzato il paese. Il viaggio nel cuore della Barbagia termina a Gavoi, celebre per le sue prelibatezze gastronomiche, a partire dal famoso pecorino fiore sardo dop. Qui vale la pena visitare le chiese del Carmelo, di San Gavino, di San Giovanni Battista e di Sant’Antioco, oltre al Santuario campestre di Sa Itria. A due chilometri dal paese, inoltre, non è possibile non restare rapiti dal blu intenso, specie in autunno e inverno, del lago di Gusana, ideale per escursioni in canoa e per la pesca sportiva.

 

Pietra Cappa, il monolite più alto d’Europa

Il monolite più alto d’Europa è in Calabria, da dove guarda fiero il mare Jonio in tutto il suo fascino misterioso. Di origine antichissima, Pietra Cappa sorge all’interno del parco nazionale dell’Aspromonte al di sopra del borgo paese di Natile superiore, occupando a circa 4 ettari di terreno e svettando in altezza per oltre 140 metri. Questo luogo dalla natura incontaminata – tristemente noto in passato per i sequestri di persona operati dalle ‘ndrine – è anche circondato da tante leggende. Alcune legate alla lotta tra il bene e il male, altre sull’origine del nome (per molti derivante da una traduzione come cono rovesciato), e un’altra legata addirittura a Gesù. Qui, infatti, il Messia si sarebbe recato in compagnia dei discepoli, durante le sue predicazioni, chiedendo a ognuno di essi di raccogliere dei massi per penitenza. Pietro, per non affaticarsi troppo, raccolse un solo ciottolo e, quando Gesù trasformò i grossi minerali raccolti in fumanti pagnotte, capì la lezione e lasciò lì quel piccolo sasso a ricordo del proprio errore. Sfiorandolo poi con un dito, lo fece lievitare fino a fargli assumere le dimensioni attuali. Quel che è certo è il fascino assoluto del luogo: circondato da una fitta vegetazione di eriche, lentisco, mirto, corbezzolo, castagno, lecci, cespugli di menta e di origano, capaci di sprigionare profumi di carattere selvatico non intaccato ancora dalla mano dell’uomo.

Malentrata, una splendida “terrazza” sulla Val Brembana

Deve il suo nome al fatto che un tempo era davvero difficile da raggiungere. Oggi invece Malentrata, uno dei borghi più particolari della Val Brembana, si può raggiungere comodamente e si divide in una parte bassa (decisamente meglio conservata) e in una alta. Collocate sulla sommità di un colle, le abitazioni godono di una splendida vista sul fondovalle; chi, un tempo, saliva dalla mulattiera, trovava qui una sosta obbligata dopo la fatica della ripida salita. Il gruppo di abitazioni sono unite tra di loro e arroccate sul colle, assomigliando più ad una fortezza che ad una contrada contadina d’un tempo. La rustica chiesetta presenta un’architettura settecentesca, con un apparato murario esterno perfetto a tal punto che l’omogeneità della pietra ha reso superfluo l’intonaco. Costruita nel 1736 ad opera di Bernardino Rota, è dedicata a San Filippo Neri e San Martino, che compaiono, accanto alla Vergine, sulla tela dell’abside. La chiesetta, posta tra verdi prati scoscesi, costruita tutta in pietra a vista con il tetto in coppi, con il piccolo campanile ed il singolare camino della canonica, si staglia pittorescamente sulle pendici della montagna brembillese.

Un viaggio nel tempo nel Geoparc Bletterbach di Aldino

Un viaggio a ritroso nel tempo nel cuore della provincia di Bolzano. Il Geoparc Bletterbach di Aldino, piccolo borgo che sorge a Sud-Est del capoluogo regionale del Trentino-Alto Adige, si estende su una superficie di 818 ettari e fa parte delle Dolomiti Patrimonio Mondiale Unesco. Nel suo paesaggio unico si trovano fossili di piante e orme di sauri, mentre nel centro visitatori sono illustrate una geologia e una geomorfologia del tutto particolari. Oltre 15.000 anni fa ad Aldino, infatti, il piccolo Rio Bletterbach iniziò a scavare la terra su una lunghezza di otto chilometri, incidendola a 400 metri di profondità e dando origine ad una magnifica gola, unica del suo genere in Europa.
La discesa nella profondità del canyon della gola del Bletterbach, della durata di circa mezz’ora, mostra 250 milioni di anni di storia della terra: pietre che risalgono a milioni di anni fa, orme di sauri, piante fossilizzate, molteplici tracce di cibo e di scavo e sedimentazioni marine con conchiglie, chiocciole e ammoniti che vissero nei mari tropicali delle Dolomiti milioni di anni fa illustrano la storia movimentata del nostro pianeta.

Le 44 chiesette votive delle Valli del Natisone

Sono note come “Le sentinelle delle Valli”, come “vedetta sulle principali cime” o ancora “inaccessibili”. Di certo le 44 chiesette votive delle Valli del Natisone (a cavallo tra il Friuli-Venezia Giulia e la Slovenia) costituiscono un grandissimo patrimonio artistico poco conosciuto presso il grande pubblico. Sorsero nel Sec XIII e XIV e presentavano una costruzione primitiva di tipologia romanica con presbiteri semicircolari. Dopo il terremoto del 1348 che richiese una ricostruzione delle Chiesette, in queste valli si affermò lo stile proveniente dalle vicina Slovenia e conosciuto come il “Gotico Fiorito”, di cui uno dei principali artefici di questa scuola fu Peter Parler. In alcune Chiesette si possono ancora ammirare affreschi del Sec XVI di Scuola Slovena di Jernei da Skofia Loka, e altari lignei dorati sempre Scuola Slovena del Sec XVI. Raggiungere queste chiesette, meglio se in modo “lento”, a piedi, in bici o a cavallo, permette di immergersi nella cultura materiale e spirituale del popolo della Slavia Friulana: giunti in questi luoghi, si potrà “respirare” la spiritualità di queste comunità, intessuta di affidamento ai santi per le difficoltà della vita e di intensa gratitudine per tutti i doni della natura.