L’itinerario di Sigerico sulle tappe della Via Francigena

Fra gli innumerevoli percorsi che da varie zone d’Europa e d’Italia raggiungevano Roma, la capitale della cristianità, uno dei più anticamente documentati è l’itinerario detto “Via Francigena”: ovvero la via proveniente dalla Francia. L’itinerario di Sigerico è stata la principale fonte per la ricostruzione della moderna Via Francigena: si tratta di un itinerario di 1.800 chilometri e 80 tappe, percorso in 79 giorni dall’Arcivescovo Sigerico nell’anno 990. Un lungo viaggio per ritornare a Canterbury da Roma dopo l’investitura del Pallio Arcivescovile da parte del Papa Giovanni XV. Sigerico, su invito del Pontefice, annotò tutte le tappe, una per giorno, che lo riportavano in Gran Bretagna attraverso l’Europa: il suo diario è quindi la più autentica testimonianza del tracciato della Via Francigena da Roma fino al canale della Manica di quell’epoca. La via di Sigerico diventa così un’occasione per la conoscenza dell’identità culturale europea nei suoi aspetti storici, artistici e religiosi oltre che una vera opportunità di valorizzazione territoriale dei luoghi attraversati. Nel tratto italiano, il percorso attraversa sette regioni – Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Liguria, Toscana, Lazio – e 140 Comuni, per un totale di 44 tappe.

 

L’arte dei cerchiari in mostra al Museo di Marcetelli

L’arte dei cerchiari in mostra al Museo di Marcetelli

L’antica arte del cerchiaro si svela nei suoi aspetti più tradizionali nel più piccolo Comune del Lazio.

Tra i monti Cervia e Navegna, precisamente nel piccolo borgo di Marcetelli, la collaborazione tra la Riserva Naturale e l’amministrazione comunale ha dato vita al primo museo interamente dedicato all’arte del cerchiaro.

Visitare il museo significa percorrere un bellissimo viaggio della memoria, tra “pialle” “toghe” “cerchi” “cortellu elle toe” e “segarellu”, in quella che era la principale attività lavorativa dei marcetellani.

La professione “de u cerchiaru”, da sempre fu favorita dalla presenza di numerosi boschi, per lo più castagneti, utilizzati come materia prima per la costruzione di botti, tini, bigonci necessari per le attività connesse all’agricoltura.

I diversi utensili che costituiscono il museo denominato “la Bottega del cerchiaro”, sono stati donati dagli abitanti del paese per fare in modo che le generazioni future non dimentichino l’antica tradizione dei nonni e possano conservarne la memoria nel futuro.

La Cipresseta Monumentale di Salisano

Salisano, grazioso borgo in provincia di Rieti, custodisce un vero e proprio tesoro naturalistico: la Cipresseta Monumentale. Si tratta di uno straordinario bosco di cipressi della varietà Horizontalis, il cui impianto originario risale a diverse centinaia di anni fa. All’interno di questa interessantissima formazione forestale si snoda un sentiero che parte a circa 1,6 km da Salisano (Ri), poco oltre l’incrocio fra Via Montefalcone e Via Dell’Uccelatore, e sale fino alla vetta del Monte Ode (968m), da cui si gode un bellissimo panorama che spazia a 360 gradi dal Monte Soratte ai Monti Sabini, dai Monti Reatini ai Lucretili, fino alle vette più alte dei Monti Abbruzzesi. Il sentiero, che segue in gran parte un itinerario CAI (segni binco-rossi), tiene alla destra il Fosso dei Cipressi ed è corredato da utilissimi pannelli documentali relativi a storia, flora e fauna del luogo predisposti dall’associazione Apidienus. Dalla cima del Monte Ode è possibile procedere ad est verso Colle Pozzoneve (961 m), percorrere in discesa tutta la cresta erbosa fino a quota 760 m per poi deviare a destra nel bosco di Querce (visibilmente percorso da un incendio negli anni passati), ed imboccare una carrareccia che riporta al punto di partenza per la Via Dell’Uccelatore.

 

Supino, la perla della Ciociaria

Supino è una piccola cittadina in provincia di Frosinone, delicatamente adagiata ai piedi di due monti – i Lepini e la Collina La Torre – ricoperti di un verde intenso, distanti dal più elevato Monte Gemma, che maestosamente si affaccia sulla ampia Valle del Sacco.

Sorto dopo la distruzione della capitale volsca Ecetra, il paese regala paesaggi mozzafiato ed è considerato la perla della Ciociaria. E’ noto soprattutto per la presenza del Santuario di San Cataldo, il cui culto risale ai tempi del Medioevo: la struttura è a pianta circolare, sormontata da una grande cupola con lanterna; il Santo, nel cuore di tutti i supinesi, viene venerato con una grande festa ogni 10 maggio, che coinvolge migliaia di fedeli del luogo e non solo.

Il piazza Umberto I, cuore pulsante del borgo, si trova il monumento ai Caduti durante le guerre, opera dell’architetto Giovanni Iacobucci. Poco vicino si scorge Largo Cesare Battisti, dove si trova la chiesa di S. Maria Maggiore edificata nel 1700, che ospita la statua del santo patrono San Lorenzo. Nella parte più alta del paese sorgono invece la chiesa di S. Nicola, in stile barocco e soffitto a botte, e la chiesa della Madonna di Loreto, un’affascinante cappella con affreschi del 1570 circa. Poco lontano, in località Cona del Popolo, c’è una delle maggiori attrattive del paese: le terme romane risalenti al II Secolo d.C., che colpiscono per la loro bellezza e infinita eleganza. I mosaici rappresentano soggetti marini con pesci, conchiglie, meduse, tritoni e soggetti femminili che nuotano.

Supino è conosciuta anche per le numerose fonti di acqua. Tra queste la fonte Pisciarello dalla quale sgorga un’acqua oligominerale dalle forti proprietà curative, la fonte dei Canali a 700 mt di altezza e la fonte Caporaletto.

Nella parte superiore del paese è possibile raggiungere la piana di San Serena a 1000 mt di altezza, dalla quale si può ammirare lo splendido paesaggio della Valle Latina: nota a turisti e appassionati di trekking, la piana è lo scenario ideale di molte escursioni curate da associazioni che organizzano percorsi alla scoperta di una terra che sorprende e incanta chiunque la esplori.

Tante, infine, sono le bontà culinarie del luogo: sulle tavole di ogni supinese che si rispetti in autunno non possono mancare le castagne, i funghi porcini e il formaggio di pecora o di latte vaccino.  I famosi gnocchetti lunghi, i “fini fini ciociari”, sono il piatto delle nonne del paese, magari da accompagnare con un secondo di carne come l’agnello con le patate.

 

 

 

Ripa Majala, un gioiello roccioso nel cuore della campagna laziale

A pochi chilometri da Tarquinia e Civitavecchia si può scoprire uno dei gioielli naturalistici più particolari e affascinanti del Lazio. Ripa Majala è una bellissima perla di roccia e spit immersa nella campagna romana e viterbese, un vero e proprio paradiso per gli amanti delle arrampicate: la falesia è di grande impatto e la roccia – tufo vulcanico all’apparenza cotto e unto – è molto apprezzata da chi pratica questo sport. Nel corso della giornata i tersi colori del mattino prendono vita, trasformando i verdi prati e terreni e boschi e colline in un mare magnum animato; al tramonto, invece, la parete si dipinge di un caldo colore rosso. Agli arrampicatori Ripa Majala “propone” decine di vie adatte a tutti i gusti, e un panorama fantastico che è possibile godere dalle soste delle vie più lunghe. Senza dimenticare i prati sottostanti, molto curati, che permettono di ospitare famiglie e   bambini per godersi una bella giornata all’aria aperta, e i resti archeologici di Cencelle risalenti al 900 d.c., che “guardano” anche loro verso questa splendida roccia.

 

 

Oriolo Romano mette in mostra i suoi gioielli: dalla faggeta a Palazzo Altieri

“Un esempio eccezionale di significativo corso dei processi ecologici e biologici nell’evoluzione e lo sviluppo degli ecosistemi terrestri, di acqua dolce, costieri e marini e le comunità di piante e animali marini”. Con queste motivazioni la Faggeta di Oriolo Romano, splendido bosco di faggio che fa parte   del Parco naturale regionale del complesso lacuale di Bracciano-Martignano, è stata inserita dalla   delegazione permanente italiana presso l’Unesco nella lista per l’inclusione nel Patrimonio Mondiale Naturale. Un lungo percorso che si è concluso il 7 luglio del 2017 con l’iscrizione di questo tesoro naturalistico in provincia di Viterbo nella Unesco’s World Heritage List: ora la Faggeta di Monte Raschio è ufficialmente Patrimonio Mondiale Naturale Unesco. Si tratta di un luogo davvero particolare, che ha la peculiarità di crescere a soli 450 metri di altezza invece dei soliti 700; con ogni probabilità ciò è reso possibile dal fatto che nella zona si crea un microclima particolare di umidità e frescura, favorito dalle acque sotterranee e dalle correnti umide provenienti dal vicino lago di Bracciano; una parte della foresta si estende inoltre sul Monte Raschio che, con i suoi 562 metri di altezza, rappresenta uno dei rilievi collinari più importanti del complesso dei Monti Sabatini. La faggeta è meta in tutti i mesi dell’anno di escursioni naturalistiche, e il percorso più amato dagli appassionati è la Ciclovia dei Boschi, lunga 17.500 metri, da percorrere preferibilmente in bici.

Natura quindi, ma non solo: Oriolo Romano conserva la splendida piazza Umberto I°, dominata dall’imponente Palazzo Altieri; sulla pavimentazione che copre tutta la piazza, è disegnata una rosa dei venti che indica i punti cardinali rispetto ai quali sono orientate le quattro bocche da dove fuoriesce l’acqua della Fontana delle Picche, attribuita ad un allievo del Vignola. Palazzo Altieri merita sicuramente una visita: qui, nel 1981, fu ospitato il set cinematografico del celebre film il Marchese del Grillo; fu edificato nel corso degli anni 1578-1585 per volontà di Giorgio III Santa Croce e di suo figlio Onorio III, che nel tempo proseguì la realizzazione del palazzo la cui costruzione corrisponde ai diversi periodi di presenza delle tre famiglie storicamente proprietarie del complesso: i Santa Croce dalla fondazione 1578 al 1604, gli Orsini dal 1604 al 1671, gli Altieri dal 1671 al 1971. Il Museo – ospitato al suo interno – è articolato in 14 sale, disposte a destra e sinistra del Salone degli Avi, fulcro del palazzo, la Cappella S. Massimo opera degli Orsini, e la Galleria dei Papi: visitarlo equivale a compiere una sorta di viaggio a ritroso nel tempo, tra affreschi in cui sono raffigurate località di proprietà della famiglia Vicarello, Castello di Rota e Monterano, senza dimenticare la Galleria dei Papi, usata anche come modello per affrescare i ritratti dei Pontefici della basilica di san Paolo fuori le Mura.

 

 

 

 

Lago del Salto, alla scoperta di Fiamignano, Petrella e Borgo San Pietro

E’ il più grande lago artificiale del Lazio. Fu creato nel 1940 dallo sbarramento del fiume Salto con la Diga del Salto, e la conseguente sommersione della Valle nel Cicolano. E’ il lago del Salto, gioiello naturalistico in provincia di Rieti legato a doppio filo al vicino lago del Turano, con cui condivide le acque mediante un lungo canale artificiale sotterraneo. A colpire i visitatori che si spingono per la prima volta da queste parti, è senza dubbio il contesto unico nel quale il bacino sorge, tra il verde dei boschi e la nuda roccia delle montagne; ma questo è anche un luogo di borghi affascinanti e ricchi di storia, dai quali si possono ammirare splendidi panorami. E’ il caso di Fiamignano, il comune più alto della zona, che ospita piccoli gioielli come la Chiesa S. Fabiano e Sebastiano, nella piazza principale, e la chiesetta, in origine romanica e la Chiesa della Madonna del Poggio. Arroccato su uno sperone roccioso del Monte Moro, sorge poi Petrella Salto (nella foto): tra piccoli e suggestivi vicoli e l’elegante piazza Indipendenza, merita senza dubbio una visita la Chiesa di Santa Maria Grazia Assunta; tradizione vuole che in questo luogo da fascino mistico, proprio ai piedi della rocca, Beatrice Cenci fece uccidere il padre. Proseguendo poi la strada lungo le sponde del lago si giunge a Borgo San Pietro, da cui si sale fino alla grotta di San Filippa Mareri.

 

Tra Falerii Novi e la via Amerina, ecco l’antico regno dei Falisci

A spasso lungo l’antica via Amerina, che ai tempi dei Romani rivestì un ruolo di primaria importanza come via di comunicazione veloce, prevalentemente a scopo commerciale: l’itinerario nell’Alto Lazio, dove ora sorgono Fabrica di Roma e Civita Castellana, si snoda attraverso questa antichissima strada dalla località San Lorenzo sino a Falerii Novi, e alla chiesa romanica di Santa Maria di Falleri. Falerii Novi è una città romana che venne eretta a seguito della distruzione di Falerii, nel 241 a.C: il circuito della città contava ben 2108 metri, la sua forma ricorda quella di un triangolo e le mura costituiscono un ottimo esempio di architettura militare romana. A difesa della città si ergevano circa 80 torrette, 50 delle quali sono ancora ben conservate. Delle costruzioni all’interno delle mura, al contrario, è rimasto visibile poco o niente: la struttura decisamente meglio conservata è la chiesa abbaziale cistercense di Santa Maria di Falleri, costruita alla fine del XII secolo per iniziativa di monaci provenienti dalla Savoia: al portale lavorarono anche alcuni marmorari “cosmati” che probabilmente si ispirarono ad antichi monumenti già in zona. La Via Amerina invece, che tra le grandi strade Romane è una delle meno note, durante l’età altomedievale a ebbe rilevanza strategica consentendo il diretto collegamento tra il Ducato di Roma e l’Esarcato di Ravenna, costantemente minacciati dalla pressione longobarda. La strada, insieme alle decine di tombe rupestri della necropoli meridionale della vicina città di Falerii Novi, formano un’estesa area archeologica costituiscono una delle più importanti testimonianze storiche del territorio anticamente abitato dai Falisci.

 

Le Terme di Cretone, un paradiso a 30 km da Roma

Un paradiso naturalistico a pochi passi da Roma, immerso in un territorio ricco di storia. Sono le Terme Sabine di Cretone, che sorgono nel verde delle colline tra la Capitale e Rieti, proprio ai piedi di un rigoglioso bosco. Le acque delle Terme di Cretone sgorgano naturalmente da millenni e sono sulfuree, ipotermali (24°C) e batteriologicamente pure: sono utilizzate per inalazioni, aerosol, nebulizzazioni, insuflazioni endotubariche, idromassoterapia, cure idroponiche, fangoterapie e balneoterapie. E pensare che dove ora sorge un complesso all’avanguardia, fino agli anni 70’ c’era una fabbrica di ghiaccio secco, che sfruttava al meglio l’abbondante componente di anidride carbonica presente nelle acque sotterranee. Da lì in poi è iniziata una nuova storia: nel 1987 le acque di Cretone sono state riconosciute dalla sanità per il trattamento di malattie della pelle, delle vie biliari, dello stomaco, artroreumatiche nonché di affezioni all’apparato respiratorio. E oggi il complesso ripropone ai clienti l’antico concetto termale romano: curarsi pensando anche al divertimento; lo stabilimento termale, infatti, non offre solo tre piscine alimentate da sorgenti termominerali solfuree (d’estate è possibile anche fare il bagno di notte), ma anche corsi di nuoto, aerobica e danza, beach volley, gym soft, quattro campi da tennis e due di calcetto. Chi, dopo una rilassante giornata alle terme, volesse trascorrere qualche ora in più da queste parti, potrà visitare Cretone, piccolo borgo medievale che conserva la Collegiata dell’XI secolo e la Fortezza abbandonata di Castiglione; a pochi chilometri di distanza sorge Palombara Sabina, con il Castello Savelli nei cui saloni si possono ammirare gli affreschi della scuola di Raffaello.

 

 

 

verde a Cervaro

Santa Maria Maggiore, la più antica chiesa di Cervaro

E’ il monumento religioso più antico e importante di Cervaro, grazioso paese laziale in provincia di Frosinone. E’ la Chiesa di Santa Maria Maggiore, vero e proprio monumento storico di architettura e di cultura, dalle linee sobrie essenziali. Non solo ai giorni nostri, ma anche nel suo lungo passato, è sempre stata la chiesa matrix, cioè matrice, del paese, come si legge in una lapide del XII secolo tutt’ora visibile sotto di un’acquasantiera in pietra: hecest sola matrix Cervarii, si legge, ovvero “questa è l’unica (chiesa) matrice di Cervaro”.

L’edificio sorge là dove prende piede l’antico Pesculum dalla parte orientale, presso i ruderi medievali del Borgo e di Castello, da dove partono via Trocchio, via Municipio, via Sobborgo e via XXIV Maggio. L’intero corpo di fabbrica della chiesa s’incorpora, a monte, con altre costruzioni, che facevano parte un tempo del complesso dell’antico castello. La facciata anteriore è rivestita in pietre squadrate a faccia vista, fino alla linea di volta, con un frontone decorato a stucchi; il portale è invece quadrangolare, sormontato da importante composito cornicione in pietra.

All’interno, la chiesa accoglie eleganti decorazioni in stucchi e finte colonne quadrangolari; la cupola si trova in corrispondenza dell’altare maggiore e ospita bassorilievi raffiguranti le quattro virtù cardinali: Prudenza, Giustizia, Fortezza, Temperanza. Accoglie inoltre un artistico Crocifisso ligneo del ‘600. L’altare marmoreo policromo, di stile barocco, non ha subìto, fortunatamente, nessuna demolizione dopo la riforma del Concilio Vaticano II, che sancì l’essenzialità dell’altare. Altri elementi di pregio sono il coro, con graziosi intagli su antico legno e il pulpito.