Oriolo Romano mette in mostra i suoi gioielli: dalla faggeta a Palazzo Altieri

“Un esempio eccezionale di significativo corso dei processi ecologici e biologici nell’evoluzione e lo sviluppo degli ecosistemi terrestri, di acqua dolce, costieri e marini e le comunità di piante e animali marini”. Con queste motivazioni la Faggeta di Oriolo Romano, splendido bosco di faggio che fa parte del Parco naturale regionale del complesso lacuale di Bracciano-Martignano, è stata inserita dalla   delegazione permanente italiana presso l’Unesco nella lista per l’inclusione nel Patrimonio Mondiale Naturale. Un lungo percorso che si è concluso il 7 luglio del 2017 con l’iscrizione di questo tesoro naturalistico in provincia di Viterbo nella Unesco’s World Heritage List: ora la Faggeta di Monte Raschio è ufficialmente Patrimonio Mondiale Naturale Unesco. Si tratta di un luogo davvero particolare, che ha la peculiarità di crescere a soli 450 metri di altezza invece dei soliti 700; con ogni probabilità ciò è reso possibile dal fatto che nella zona si crea un microclima particolare di umidità e frescura, favorito dalle acque sotterranee e dalle correnti umide provenienti dal vicino lago di Bracciano; una parte della foresta si estende inoltre sul Monte Raschio che, con i suoi 562 metri di altezza, rappresenta uno dei rilievi collinari più importanti del complesso dei Monti Sabatini. La faggeta è meta in tutti i mesi dell’anno di escursioni naturalistiche, e il percorso più amato dagli appassionati è la Ciclovia dei Boschi, lunga 17.500 metri, da percorrere preferibilmente in bici.

Natura quindi, ma non solo: Oriolo Romano conserva la splendida piazza Umberto I°, dominata dall’imponente Palazzo Altieri; sulla pavimentazione che copre tutta la piazza, è disegnata una rosa dei venti che indica i punti cardinali rispetto ai quali sono orientate le quattro bocche da dove fuoriesce l’acqua della Fontana delle Picche, attribuita ad un allievo del Vignola. Palazzo Altieri merita sicuramente una visita: qui, nel 1981, fu ospitato il set cinematografico del celebre film il Marchese del Grillo; fu edificato nel corso degli anni 1578-1585 per volontà di Giorgio III Santa Croce e di suo figlio Onorio III, che nel tempo proseguì la realizzazione del palazzo la cui costruzione corrisponde ai diversi periodi di presenza delle tre famiglie storicamente proprietarie del complesso: i Santa Croce dalla fondazione 1578 al 1604, gli Orsini dal 1604 al 1671, gli Altieri dal 1671 al 1971. Il Museo – ospitato al suo interno – è articolato in 14 sale, disposte a destra e sinistra del Salone degli Avi, fulcro del palazzo, la Cappella S. Massimo opera degli Orsini, e la Galleria dei Papi: visitarlo equivale a compiere una sorta di viaggio a ritroso nel tempo, tra affreschi in cui sono raffigurate località di proprietà della famiglia Vicarello, Castello di Rota e Monterano, senza dimenticare la Galleria dei Papi, usata anche come modello per affrescare i ritratti dei Pontefici della basilica di san Paolo fuori le Mura.