Api un mondo perfetto raccontato da Giacomo

Siamo sempre alla ricerca delle bontà…. L’Alveare è una di queste. Incentrata sull’agricoltura in generale ma che punta soprattutto allo sviluppo dell’apicoltura. E’ una nuova attività nata nel 2020 dopo qualche anno di pratica ed esperienza sul campo a livello hobbistico. Così, c’è la racconta Giacomo Accardo, ideatore, curatore e “cervello in fuga” rientrato!

Come nasce “l’Alveare”
Tutto parte da mio padre e dalla sua passione per le api, da piccolo infatti mi appassionava vedergli indossare la tuta e andare nell’apiario, mi ha sempre colpito soprattutto la delicatezza che lui utilizzava in questo lavoro.
Per quanto possa sembrare tutto semplice, ci sono tante cose da imparare da questo “mondo perfetto”.
Qualche anno fa, un po’ come tutti i giovani del sud, sono stato costretto a lasciare la mia terra per cercare lavoro fuori e così ho lasciato tutto e sono partito. Ma più passavano i mesi e più sentivo che quello non era il mio posto.
Dopo un anno ho deciso di tornare a Calatafimi Segesta, nel mio tranquillo paesino, immerso nella natura e di investire tutto su questa attività. Ho riacceso la passione di mio padre e grazie al suo aiuto e alla sua esperienza abbiamo iniziato questa avventura partendo da una sola arnia fino ad arrivare attualmente a più di 50 alveari.
Il nostro obiettivo è stato fin da subito quello di ingrandirci, ogni anno, sempre di più.
C’è una citazione di Albert Einstein, a cui noi pensiamo sempre… è un po’ il nostro motto.
“Se l’ape scomparisse dalla faccia della terra, all’uomo non resterebbero che quattro anni di vita” e il nostro compito è quindi contribuire a salvaguardare questa specie fondamentale per la nostra esistenza!

Quali sono le caratteristiche del vostro miele?
Al momento produciamo quattro varietà di miele:
Il miele di zagara d’arancio con proprietà antiossidante e antinfiammatorio. Il Miele di Sulla che ha un effetto depurativo e disintossicante. Poi c’è il Miele di millefiori, ottimo per chi deve energizzare e depurare l’organismo. È caratterizzato dalla funzione stimolante e regolatrice. E infine il Miele di eucalipto, che viene utilizzato principalmente contro la tosse e le malattie tipiche dell’apparato respiratorio come il raffreddore, oltre che in generale per i malesseri dovuti a stati di infiammazione.

Il tuo sogno?
Finalmente abbiamo raggiunto un altro obiettivo! Era quello di aprire un punto vendita nel nostro paese, a Calatafimi Segesta. Ora l’abbiamo! Qui troverete sia il miele che una linea di cosmetica realizzata con prodotti derivati dall’Alveare. Tutto naturale al 100%
Ho 27 anni, il mio sogno da piccolo era quello di continuare il lavoro di mio padre con le api. Sogno esaudito! Ci trovate in Corso Garibaldi n 21 Calatafimi-Segesta

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Quando l’olio è una passione

Ventitré ettari di terra dedicati alle olive e non solo. E se anche per l’amicizia ci potesse essere una misura, per quella che unisce Maffeo e Gianluca il numero ventitré non basterebbe. Vent’anni quasi di “matrimonio” sotto lo stesso tetto, quello della loro piccola azienda artigianale che sforna idee legate alla tradizione della Sabina Romana che caratterizza ogni loro prodotto, selezionato per voi da Fuoriporta. Inventore delle nuove combinazioni gastronomiche uno ed esperto di coltivazioni l’altro, Maffeo e Gianluca hanno realizzato insieme, nella loro “officina dei sapori”, prodotti genuini e biologici che hanno come denominatore la terra, coltivata in modo naturale con l’inerbimento e la concimazione solo con materiale organico o con la semina di trifoglio e favetta. La potatura degli ulivi viene fatta manualmente, come i nonni hanno loro insegnato. Anche la raccolta è manuale o con l’ausilio di attrezzi semiautomatici per non danneggiare le piante. “Il nostro obiettivo è quello di proseguire con le tradizioni delle nostre famiglie e continuare sulla stessa strada producendo un olio extra vergine di elevatissima qualità e prodotti che siano gustosi e che raccontino della nostra terra. Il nostro motto è non quanto produrre ma come produrre”.

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Patè artigianale di olive verdi e arancia

Il patè viene realizzato artigianalmente con olive verdi in salamoia macinate e amalgamate con olio extra vergine di oliva, aromatizzato all’arancia, estratto a freddo. Ottimo per preparare bruschette da servire come aperitivo oppure vol au vent, tartine, girandoline di frittatine fredde. Da provare in abbinamento con il formaggio.

Crema artigianale di pomodori secchi erbe e limone

La crema viene realizzata artigianalmente con pomodori secchi macinati e amalgamati con olio extra vergine di oliva, aromatizzato al limone, aglio e origano, ottenuto con estrazione a freddo. Ottimo per accompagnare pietanze di pesce come filetti, grigliati o carpacci di pesce spada. Esaltante anche l’accoppiamento per aperitivi con pizza croccante al rosmarino.

Crema artigianale di carciofi al Cedro

La crema viene realizzata artigianalmente con carciofi scottati in aceto poi macinati e amalgamati con olio extra vergine di oliva, aromatizzato al cedro, ottenuto con estrazione a freddo. Da usare come condimento per i tagliolini, per uno spaghetto al dente. Cous cous e orzo freddo sono ottimi per accompagnare questa crema. Da provare anche su un’ottima pizza bianca calda al rosmarino.

Crema artigianale di vegetali piccantissima

La crema viene realizzata artigianalmente con vegetali macinati e amalgamati. L’impasto avviene con olio extra vergine di oliva ottenuto con estrazione a freddo. Da usare come condimento per la pasta. Un cucchiaino di questa crema può essere utilizzato come soffritto. Da provare spalmato su carne cucinata al  barbecue e su tartine per gustosi aperitivi.

Burrolio

Crema artigianale realizzata con olio extra vergine di oliva e burro di cacao. La crema viene ottenuta in modo naturale, esclusivamente da un procedimento di spremitura dei rispettivi frutti: olive e cabosse di cacao. Il metodo è meccanico senza impiego di solventi chimici. Ideale per chi ha problemi di colesterolo. Il Burrolio si può utilizzare sia per dolci che per salati. Perfetto per sostituire il burro animale.

Olio alle spezie

Il suo aroma intenso si sposa perfettamente con carne alla griglia soprattutto cacciagione. Ideale per condire una focaccia bianca.

Olio all’aglio

Ottimo e appetitoso, perfetto il suo rapporto con una spezia forte come l’aglio. Si può usare senza limiti per bruschette, fondi di cottura di pesce rinforzandoli in giuste dosi, per condire olive nere, ripassare verdure come cicoria e broccoletti  ed esaltare il sapore di un bel piatto di puntarelle croccanti o per la marinatura di alicette fresche.

Olio al cedro

All’olfatto rilascia una sensazione di cedro appena franto, al palato si presenta dolce e fresco con un retrogusto leggermente amarognolo di buccia di cedro. Si abbina bene con tutti i cibi che richiedono l’olio al limone ma molto più adatto di questo ultimo con i cibi dal sapore delicato come crostacei e pesce crudo.

Marmellate artigianali

Pesce, fichi, ciliegie, albicocche e prugne cotte con lo zucchero e messe in barattolo, proprio come si faceva un tempo. Dalla terra della Sabina Romana arrivano le marmellate senza la pectina pronte per le vostre colazioni.

Oleum Sabinae Bio

All’olfatto rilascia una sensazione del frutto appena franto, al palato si presenta fruttato ma ben equilibrato con giuste note di dolce, piccante e con un retrogusto leggermente amarognolo. È consigliato su tutte le pietanza soprattutto per il condimento di verdure crude o cotte. Grazie al suo gusto fruttato si addice in particolar modo a zuppe di verdure e di legumi, arrosti di carne rossa e di cacciagione.
Olivarte

All’olfatto rilascia una sensazione del frutto appena franto, al palato si presenta morbido e delicato. È consigliato su tutte le pietanza soprattutto per il condimento di verdure crude o cotte. Grazie al suo sapore delicato si addice in particolar modo ai piatti a base di pesce.

 

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Dalla leggenda alla realtà: i broccoletti di Anguillara Sabazia 

La leggenda narra che “o Ciafero”, cacciatore di Anguillara Sabazia, fu il primo a trovarne i semi. Ma è la storia a darci un riferimento temporale e a portarci indietro al XV secolo quando il Conte Camille de Tournon, in una nota destinata a Napoleone Bonaparte, definì i broccoletti “dal sapore speciale et nutriente”. Vi raccontiamo la storia dei Broccoletti di Anguillara Sabazia, perché è proprio in questa zona della provincia di Roma che crescono i migliori, i broccoletti più buoni, il cui sapore è determinato dalle particolarissime caratteristiche del territorio. Riconosciuti come Prodotto Tipico della Regione Lazio, i broccoletti di Anguillara sono oggi coltivati da Fabio, Armenio e Alessandro, tre amici che si sono sono allegramente dati una missione: hanno deciso che i loro broccoletti dovessero essere mangiati in qualsiasi periodo dell’anno. Nasce così “Gli Orti di Anguillara” l’azienda di Fabio, Armenio e Alessandro che coltiva in modo tradizionale circa 6 ettari seminati a broccoletti utilizzando anche semi propri, i cosiddetti “ruco”, che sono gelosamente custoditi e riprodotti da oltre 40 anni. E se un tempo i broccoletti erano considerati foraggio per animali oggi sono apprezzati non solo in Italia ma soprattutto in Giappone, negli Emirati Arabi, in Olanda e in Francia. Accompagnate da ingredienti diversi – zucca, alici, peperoncino, aglio – le creme di broccoletti di Anguillara Sabazia che Fuoriporta ha selezionato per voi ben si prestano ad essere utilizzate in ricette di primi e secondi piatti, torte rustiche, frittate o ad essere spalmate sopra il pane o sulla pizza.

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Broccoletti artigianali piccanti

La crema artigianale di broccoletti al gusto Piccante è nata per soddisfare i palati più robusti che gradiscono un gusto più forte. Questa ricetta ben si sposa, come base di condimento, per i primi piatti e per la pizza.

Broccoletti artigianali al gusto di zucca

La crema artigianale di broccoletti al gusto Zucca è una novità. Parliamo di prodotti che hanno la stessa stagionalità, broccoletti e zucca. Questa ricetta è stata realizzata per quei palati ai quali piacciono gusti un po’ più delicati.  L’unione della Zucca e della cipolla ai broccoletti rende la crema molto gustosa, il sapore forte dei broccoletti viene morbidamente sfumato dal contrasto con il dolce delle nostre zucche e della cipolla. Ottima da mangiare sul pane ma ancor più come base di condimento per i primi piatti come ad esempio risotti.

Broccoletti artigianali al gusto di alici

La crema artigianale di broccoletti al gusto di Alici si affianca al gusto Classico in termini di tipicità in quanto è un altro modo tradizionale di gustare i broccoletti. I nostri ingredienti sono selezionati e rigorosamente italiani. Ci teniamo particolarmente a precisare che questa ricetta è realizzata solo ed esclusivamente con  alici e broccoletti e non utilizziamo pasta d’acciughe. Il risultato è questa nostra specialità: il sapore delle alici giunge al palato come retrogusto, ma sempre molto delicato. Questa ricetta è ideale sui crostini, sulla pizza e come base di condimento per i primi piatti.

Broccoletti artigianali al gusto classico

La crema artigianale di broccoletti al gusto Classico nasce dalla tradizione romana di mangiare i broccoletti accompagnati da aglio, olio e peperoncino. Abbiamo voluto rispettare questa tradizione. La nostra ricetta ben si sposa come base di condimento per i primi piatti e per la pizza.

 

 

Ulivi, viti e meloni, la vita di Bartolo in contrada Burrumia

Bartolo, all’anagrafe Bartolomeo. Laureato in Scienze Politiche. Per lungo tempo fuori casa, tra Roma e l’Abruzzo. Rientra nel 1996 nella sua Trapani, in Contrada Burrumia e qui resta, coltivando meloni gialli, vigna e uliveti. Tra l’amore per la terra, una cultura universitaria e il piglio imprenditoriale mette in piedi anche l’Agriturismo Piana di Borromeo. Da un papà agronomo e nonni agricoltori, l’amore per la terra non poteva di certo saltare una generazione! Il nonno paterno Bartolomeo, da cui lui prende il nome, era un gabbelloto, chiamavano così coloro che utilizzavano per la coltivazione terreni propri e terreni in affitto. La gabella era infatti il canone d’affitto. Il nonno materno Lorenzo emigrò a Toronto, in Canadà, come la chiama Bartolo, tornò in Sicilia da adulto con i fratelli e acquistò a Trapani 350 ettari di terreno. Buon sangue non mente!

Coltivazioni, potature, la bellezza e la difficoltà della vita di campagna

Io sono un agricoltore. Fiero e appassionato del mio quotidiano, faticoso ma ricco di emozioni. Oggi le cose sono cambiate. Lo erano già prima della pandemia, ma oggi lo sono ancor di più e in peggio. Il lavoro è sceso. La commercializzazione dei prodotti italiani è stata soppiantata da quelli stranieri. La mia produzione è andata con il tempo diminuendo. Oggi il costo di una giornata per la potatura delle olive è altissimo. Si parla di un costo tra gli 80 e i 100 euro. Così ho valutato l’idea di farlo anche io. Di diventare potatore. Non solo per il mio terreno. Ma per tutti coloro che ne avessero bisogno. D’altronde è il mio lavoro e sono un professionista. Conosco le piante. So bene come amarle e come trattarle. C’è poi un altro aspetto qui in Sicilia, i terreni hanno una coltivazione mista tra ulivi e viti. Io ho imparato a trattare entrambe le piante.

Raccontacele

Ho cinquecento ulivi. La Biancolilla, una delle varietà più antiche tra quelle attualmente esistenti negli uliveti italiani. È un cultivar autoctono siciliano. È molto apprezzata per la propria grande produttività e per la sua rusticità. Essa deve il proprio nome al fatto che durante la fase di maturazione la drupe, ovvero il chicco, passa dal tipico colore verde del frutto acerbo a una tonalità di rosso tendente al violaceo. Gli olivi Biancolilla sono delle specie autofertili, cioè non necessitano di impollinazione da parte di altre cultivar e per questo motivo vengono spesso utilizzati come impollinatori per la Nocellara del Belice che è invece autosterile. Ho poi la Cerasuola un cultivar con vocazione esclusivamente olearia e, grazie all’ottimo rapporto tra polpa e nocciolo, la resa è piuttosto alta in quanto può raggiungere anche quote del 20%. Biancolilla e Cerasuola sono le cultivar base dell’olio extravergine delle Valli Trapanesi Dop. Un olio speciale, di un colore verde intenso con decisi riflessi giallo dorati. Si caratterizza per l’odore fruttato di media intensità. Oltre a essere dotato di ricchi sentori di pomodoro e note balsamiche, ha un gusto fruttato caratterizzato da erbe officinali.

Cosa contraddistinguere il tuo olio?

Noi facciamo un olio in cui l’amaro e il piccante sono equilibrati e ben distribuiti. È totalmente diverso dall’olio toscano. Raccogliamo molto precocemente le olive, proprio perchè così abbiamo il frutto migliore. Già a metà ottobre siamo sui campi con teli e pettini elettrici. Facciamo delle moliture frequenti, obbligatoriamente entro le quarantotto ore. Le olive non si devono surriscaldare! La resa è in genere del 12%.

E le altre coltivazioni?

Ho anche la vigna, ma le uve che produco le conferisco alla cantina sociale. Le mie uve, sono quelle tipiche del territorio: nero tavola, grillo e zibibbo.
Viti e ulivo non sono i soli frutti della terra che caratterizzano la mia giornata, ci sono anche i meloni gialli. Li produco per la grande distribuzione, purtroppo ora la produzione è scesa…

Arriviamo alla domanda principale dell’intervista, come funziona la potatura dalle tue parti?

Paese che vai, potatura che trovi! Tenuto “aperto” il centro della pianta, si eliminano i rami che salgono verticalmente, detti in dialetto “mascolini”, ovvero i maschi che non producono frutto. Si privilegiano, nella crescita, i rami superiori come fossero una corona. Si tengono tutti alla stessa altezza, non molto lunghi e non molto bassi. Ciò che è importante è che la pianta vegeti e rigeneri le parti tenere creando nuove fronde. Perché altrimenti la pianta tende a rinsecchirsi.
Le frasche tagliate non vengono bruciate ma sono riutilizzate dai forni. Per noi è proprio una tradizione quella di riutilizzare le frasche, tanto che ci sono delle macchine che ci fanno delle piccole balle che vengono poi vendute ai panifici. Un pane cotto con le frasche degli ulivi ha un sapore pazzesco, la differenza si nota!

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Mesciu Cicciu: uno, nessuno e centomila

Dalla libera docenza universitaria in Storia Sociale dei Media alla cazzuola del muratore: un incontro entusiasmante, profondo e vero con Mesciu Cicciu Danieli.

Quanta Galatone c’è nel tuo percorso umano? Perché e come? Raccontamela.

Nel mio percorso umano, culturale, professionale – perché no – anche spirituale c’è Galatone a 360°. È la Galatone della storia, delle opere d’arte, della religiosità popolare appresa mano nella mano con mio papà Gaetano, fin da bambino. Un vero uomo di cultura, per quarant’anni professore di Lettere, che ha saputo far innamorare me e molti suoi alunni della Bellezza del territorio salentino e di Galatone nella fattispecie. Ho lasciato la mia città a tredici anni e vi ho fatto ritorno in maniera stabile a ventinove. Un lasso di tempo che mi ha consentito di aprire gli orizzonti – soprattutto grazie all’esperienza di studio della Storia e dell’Archeologia a Roma – e di liberarmi da riduttive visioni campanilistiche. Ma allo stesso tempo per rendermi conto di come la macrostoria sia la somma di ciascuna storia minore e di come la storia dell’arte universale sia un compendio di quella locale.

Trent’anni fa come lo immaginavi il tuo percorso professionale e umano?

Trent’anni fa non avevo neppure dieci anni e in me albergavano poche idee, ma ben confuse. Amavo molto la manualità dei mestieri antichi, passavo ore a rubare ogni singolo gesto dei vecchi artigiani, ma ero quasi sicuro di voler entrare in seminario per diventare prete. E in effetti, a venticinque anni, avrei raggiunto l’obiettivo. Per poi sentirmi stretto, non tanto nell’amatissima veste talare che avevo indossato fin dalla prima adolescenza, quanto piuttosto nell’obbedienza cieca verso qualcuno più fesso di me. Non un peccato di tracotanza, piuttosto un desiderio di libertà che solo la maturità mi avrebbe consentito di realizzare, contro ogni sicurezza e comodità.

Uomo di cultura, uomo di fatica, figlio, padre e marito. Come si incontrano in te tutti questi Mesciu Cicciu?

Per dirla con Pirandello, ognuno di noi è “uno, nessuno e centomila”. Come ogni umano, in me si condensa un’armonia di opposti, quanto meno un concentrato di sfumature. Cerco di pacificare quotidianamente i tanti Ciccio che abitano i me (sarà per questo che la mia mole è considerevole!), infondendo cultura nell’attività manuale che mi fa portare il pane a casa e rimanendo terra terra quando – svestiti gli abiti di fatica – mi ritrovo in cattedra all’Università o in giacca e cravatta a tenere una conferenza internazionale. Onoro più che posso mio padre e mia madre, mie radici adorate, innanzitutto con l’esserci per loro. Mentre supero gli insuccessi che cadenzano il cammino e gioisco dei traguardi raggiunti perché ogni mio pensiero, impegno e aspirazione sono rivolti a mia moglie Anna Rita e ai miei figli, Filippo e Angelo.

Quando parli della tua impresa, la definisci meridionale, come se fosse una caratteristica… quali sono i caratteri meridionali che ha la tua impresa?

Una piccola impresa meridionale. È il titolo di un bel film del 2013 di Rocco Papaleo. Sud è il prefisso di sudore. Da sempre, al di là di luoghi comuni e proclami politici, a Mezzogiorno si è guadagnato da mangiare col sudore della fronte. Sole, mare, vento, terra e pietre. Credo siano gli elementi caratteristici della mia terra e quindi della mia impresa edile. Piccola, perché siamo “solo” in tre a lavorarci. Impresa, perché Dio solo sa quanto sia arduo andare avanti. Meridionale, perché fortemente ancorata all’identità del mio popolo.

Tra l’Italia che soccombeva alla politica di Monti e quella di oggi, che salto si è fatto?

Chi ha voglia di lavorare non si aggrappa a scuse, non cerca capri espiatori e disdegna le scorciatoie. Un’impresa avviata sotto l’austerity del governo Monti credo abbia gli anticorpi per cavarsela perfino ai tempi del Covid-19. Certo, non riuscirò mai a comprendere la logica di chi ha ideato il reddito di cittadinanza, che in buona parte ha canonizzato, stipendiandolo, il dolce far nulla di molti fancazzisti. Gli stessi che trovo alle 6 di mattina seduti allo scalino di casa con la birra in mano quando esco per andare al lavoro e che ritrovo allo stesso modo alle 7 di sera quando mi ritiro. Gli stessi che – più per sfottò che per premura – mi consigliano di non lavorare troppo, ché non ne vale la pena.

Le volte in muratura… cosa sono, come si fanno… spiegamele.

Da sole non si fanno, bisogna saperle costruire. Occorre innanzitutto un’elevata conoscenza delle forze di carico e di spinta. Si devono assecondare le caratteristiche dei materiali da impiegare: il tufo salentino, il carparo, la pietra leccese. Tutte calcareniti risalenti al periodo miocenico, estratte nelle numerose cave di Terra d’Otranto. E poi bisogna essere maestri nel sagomare i pezzi, rigorosamente a mano, uno per uno, con gli strumenti antichi: la serra, la mannàra, la chiànula, lo squadretto. Vuoi mettere un’opera realizzata interamente alla vecchia maniera, la bellezza delle sue imperfezioni, con la fredda geometria di pezzi squadrati in quattro e quattr’otto con l’ausilio di mezzi meccanici? Ancora, bisogna applicare nella realizzazione delle volte leccesi in muratura i trucchi, le regole, le “malizie” che già i romani fecero propri, impiegando l’arco quale elemento principe delle loro architetture. Le stesse regole impiegate dai maestri medievali, con tutte le varianti del caso, nella costruzione delle volte a crociera nelle cattedrali gotiche.

Sei un romantico. Si evince da ciò che scrivi nei social. Raccontaci il tuo amore.

Sono un inguaribile romantico, molto con i piedi per terra. Credo più al voler bene che all’amore. Verso la mia compagna di vita, verso i figli, verso il lavoro. Verso me stesso, forse. Perché l’amore si affievolisce, spesso, insieme all’entusiasmo degli inizi, della novità. Il voler bene no. È superiore all’amore, perché è per sempre. Si prende cura a lunga scadenza. È nella salute e nella malattia, nella prosperità e nella miseria. Neppure la morte lo può spezzare. In un mondo di “I love you” senza misura e senza cognizione, io preferisco voler bene.

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Dall’Australia a Carpineto Romano un viaggio al sapore di castagna

Siamo a Carpineto Romano provincia di Roma, paese incuneato al centro dei Monti Lepini, un polmone verde incredibile dove si vive un’ambiente unico, questo è il parere di Ernesto… e non solo!

Cosa ha di particolare il suo territorio?
Definirlo unico non rende l’idea. Il suo verde, le sue montagne, la sua aria, per me sono tanto, sono irrinunciabili! Non sono nato qui, anche se le mie origini sono di queste zone, ci sono venuto ad abitare da piccolo… e ho sempre pensato che chi ha vissuto questi luoghi prima di me, abbia fatto uno sforzo incredibile per mantenerli intatti. Ritengo sia davvero molto importante salvaguardare Carpineto e tutta la natura qui intorno, perché è unica per la sua bellezza. È stato grazie alle generazioni passate che hanno lavorato con costanza e passione, se è arrivato a noi oggi questo gioiello paesaggistico!
Passeggiando tra i boschi, assaporando il profumo delle piante, ammirando il passaggio, capirete quanto sia stato imponente il lavoro fatto, che poi si traduce fondamentalmente in un grande rispetto da parte dell’uomo verso la natura! Non bastano le parole per raccontarla, questa natura sfavillante, mi rendo conto, la si deve vedere, la si deve percepire, la si deve introitare.

Dove sei nato, da dove “torni”?
Io sono nato in Australia, a Melbourne, la mia famiglia era emigrata lì. Avevo cinque anni quando sono tornato, di quei luoghi ricordo poco. Mamma lavorava in fabbrica e papà in una società ferroviaria. Fu mia madre a voler lasciare l’Australia. Decidono sempre le donne… si sa.
Rientrati in Italia, a Carpineto Romano, si sono fin da subito, impegnati nella tradizionale raccolta delle castagne, che caratterizza il territorio. Papà riprese la sua attività di artigiano bottaio, faceva le botti in legno. Mamma pensava alla famiglia.

E tu cosa volevi fare…
Io ho dovuto accettare il cambiamento familiare. Forse avrei preferito un futuro diverso, con i “se e con i ma” non si fa la storia… Ho capito l’importanza della castagna e di tutto il mondo che ruota intorno ad essa. Sono un curioso per natura. Di tutto. Mi colpivano molto le persone che passeggiavano nei castagneti e con stupore si guardavano intorno. Mi affascinavano i loro discorsi.
Ho percepito molto presto che la mia strada era tra queste terre, dedita alle castagne!
Dopo la scuola, infatti, correvo subito al castagneto dove i miei genitori erano intenti al raccolto, e percorrendo il sentiero sentivo un piacere incredibile nel raggiungerli e aiutarli. Quando loro mi vedevano arrivare sentivo dire… “eccolo”… e mia mamma aggiungeva sempre “non passare sopra le castagne!”…era bellissimo vederle sul terreno, erano un tappeto. Mi ammaliava il loro color marrone, intenso e vivace. La castagna è viva. Bisogna solo comprenderlo.

Se le volessimo acquistare le tue castagne… dove le troviamo?
Dovete mettervi in fila… sono molto richieste. Fate uno squillo e vi risponderò 3889466214

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Sorano dove la Cooperativa di Comunità è una storia di umanità

Girozolando per l’Italia, eccoci a Sorano in provincia di Grosseto insieme a Tiziana che ci racconta la sua storia nella Cooperativa di Comunità, una realtà territoriale che ha evitato lo spopolamento e la ripresa dell’economia locale.

Tu sei una ristoratrice, come nasce il tuo percorso a Sorano? Nonni, genitori, passione?

Sono ristoratrice da poco, buongustaia da una vita nel senso che mangiare bene e sano ha sempre contraddistinto la mia alimentazione ma anche quella della mia famiglia. Sai, vivere in un piccolo borgo ti dà la possibilità di mangiare anche le verdure dell’orto, le carni locali, il latte fresco dei pastori. I miei nonni prima e la mia mamma poi, mi hanno trasmesso la consapevolezza del mangiare bere che poi io ho coltivato nel tempo fino ad appassionarmi alla cucina. Nasco parrucchiera, fino a qualche anno fa non avrei mai pensato a questa avventura che insieme alla Cooperativa di Comunità e all’Osteria Maccalè sto vivendo, ma come tutte le sorprese, anche questo mio cambio di professione è accaduto quasi all’improvviso.

Come si lega la tua attività al territorio di Strano?

Nei borghi come può essere San Giovanni delle Contee, la frazione di Sorano, fare il mio lavoro vuol dire portare in tavola la cucina tipica locale. Non solo i prodotti ma i piatti e le antiche ricette che spesso vengono tramandate di generazioni in generazioni, dai racconti orali, frutto di storie narrate davanti al caminetto su qualche sedia in vimini. Niente a che vedere con le ricette dei grandi blog di cucina. La Cooperativa di Comunità di cui io sono presidente è nata per far conoscere il  nostro territorio attraverso la lingua del cibo, del gusto e delle tradizioni a tavola. Per farlo siamo partiti chiamando la nostra osteria con il soprannome con cui veniva chiamato un nostro compaesano, tra i protagonisti militari della campagna d’Africa. “Maccalè” deriva da “Macallè” che è la capitale della Regione dei Tigrè, in Etiopia.

La coopertiva… Perché nasce, come nasce e come ha aiutato Sorano fino ad oggi?

Siamo consapevoli di aver fatto qualcosa di inusuale ma non crediamo di esserne coscienti fino in fondo, e badate, va bene così perché i sogni non vanno capiti, vanno vissuti. Ci troviamo a San Giovanni delle Contee, nel fazzoletto di terra più meridionale della Toscana, uno di quei luoghi dove la natura, l’aria pulita e i panorami mozzafiato non mancano. Non mancano nemmeno i campi da lavorare, coltivazioni da sperimentare e case da abitare. Il centro storico è molto carino, è tutto racchiuso in un pugno di case che si affacciano una davanti all’altra. Ciò che invece mancava (e parliamo volutamente al passato) erano i servizi essenziali, quelli per cui spesso dicevamo: “Va bene, bella la natura, belli i panorami e bello camminare all’aria aperta, ma dove si va ad incontrare un po’ di persone, come faccio a ordinare un farmaco, e se voglio pagare un ticket? Ma se voglio rimanere qui a vivere che possibilità ho?” Lo spopolamento degli ultimi anni, l’inevitabile depauperamento dei servizi essenziali con il progressivo aumento dell’età media della popolazione locale avevano trasformato San Giovanni delle Contee in un luogo che stava perdendo la sua vivacità.
Qui finisce la storia triste e inizia quella bella, inizia dalla forza di volontà degli abitanti e dalla loro capacità di credere nelle idee, nella creatività e nella loro abilità di trasformare i punti di debolezza in punti di forza.
Il riscoprirsi Comunità ha trasformato la teoria in pratica.
Due anni fa, poco prima dell’inizio della pandemia, senza non poche fatiche, è nata la Cooperativa di Comunità “San Giovanni delle Contee” con l’obiettivo di rimettere in piedi la storica Osteria del paese e di trasformarla in un luogo dove riscoprire i sapori genuini di una terrà incontaminata. Il successo più evidente della Cooperativa è l’Osteria Maccalè, luogo di vita e socialità, di turisti e di riscoperta di una cultura locale quasi perduta.
I successi meno evidenti ma non meno importanti sono nel quotidiano, quando ad esempio grazie al nostro lavoro riusciamo ad essere di supporto alla popolazione locale, perché i servizi vengono finanziati dai ricavi dell’osteria Maccalè. Siamo un punto di riferimento per gli abitanti e questo l’elemento più importante.

Cosa c’è di bello a Sorano?

Chi passa da San Giovanni delle Contee, perchè noi siamo un paese di passaggio, va sempre via a malincuore perchè viene accolto dai nostri abitanti con semplicità, cordialità e tanta gentilezza. Chi viene per la prima volta in visita al nostro borgo riscopre i rumori, le voci, i suoni e le atmosfere di paese. La veglia degli anziani nelle sere d’estate, all’ombra di un lampione, il gioco delle carte, un gelato mangiato all’ombra di ciclamino. Insomma chi viene a trovarci scopre la semplicità non artefatta, ma reale. Non siamo il volto della Toscana truccata e pettinata delle mete più blasonate, quelle sono vicino a San Giovanni, noi siamo la faccia di una terra ricca di storia, di tradizioni e di cultura tutta da scoprire per la prima volta. Abbiamo poi il centro storico, splendidi sentieri trekking, riserve naturali a due passi e palazzi storici da conoscere, ma credo che questi elementi vanno scoperti dopo aver parlato e conosciuto con almeno 5 sangiovannesi, sono sicura che la scoperta del borgo avrà tutto un altro gusto.

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Pasticceria Panzini di Subiaco, voglia di dolce… e non solo

Siamo a Canterano, un piccolo centro della Valle dell’Aniene, poco distante da Roma. Giuseppe Panzini iniziò esattamente qui la produzione di pane a lievitazione naturale. Divenne in poco tempo il pane preferito anche nella capitale per la sua alta digeribilità, per il gusto e per la freschezza. Da lì inizia la conoscenza del lievito madre, delle sue caratteristiche e delle sue peculiarità. Una star nella vita di Giuseppe. Giuseppe e il lievito madre diventano una coppia inseparabile! E duratura.

Ascolta “Voglia di dolce… e non solo, la Pasticceria Panzini di Canterano è il luogo giusto!” su Spreaker.

Piu tardi suo figlio Giovanni, uomo dotato di grande ingegno, ha un grande sogno: aggiungere alla farina lo zucchero e tanti altri ingredienti creando cosi piccole delizie per il palato. Da quel piccolo laboratorio, con la collaborazione dei più grandi pasticcieri e tecnici del panorama italiano vengono sfornati ogni giorno prodotti nuovi, reinventati quelli esistenti e perfezionati i prodotti di consumo quotidiano, che a dirla così sembrano delle banalità, provate a metterli in bocca… volerete!!!!

La storia è lunga… e golosa. Arriviamo alla terza generazione di “artisti” perchè chi mette le mani in pasta per tirar su bontà gastronomiche è un artista. Se Michelangelo ha realizzato la cappella Sistina i Panzini… hanno fatto Il Salame del Re, Dolce tipico della Valle dell’Aniene. Una ricetta antica per il pan di spagna delicato e soffice, bagnato leggermente con rhum bianco e farcito con una gustosa crema alla nocciola. Un dolce immancabile sulle tavole adatto a grandi e piccini. Uno dei Must Panzini confezionato in una elegante scatola regalo realizzato con ingredienti semplici e genuini.

Insomma tornando al rapporto Michelangelo – Panzini... da queste parti si resta sempre umili! Si vola basso, solo i clienti volano alto quando assaggiano le bontà della pasticceria!

Nella terza generazione arriva la svolta. Da Panificio si diventa Pasticceria! I fratelli Donatella e Moreno, ne sono gli artefici… dopo tutto da un genio come Giovanni, da queste parti Giovannino, non potevano che venir su dei fuoriclasse come i fratelli Panzini.
Nel frattempo Moreno cresce. Eclettico, esuberante e indomabile. Inizia a fare corsi in giro per l’Italia e all’interno del laboratorio di Canterano. Cresciuto a suon di farina, latte, zucchero, uova e cioccolato ben presto si capisce la sua attitudine per questo mestiere. Studia, impara, “ruba” con gli occhi ogni piccolo dettaglio aggiungendo ricerca e estro.
Insieme a Donatella, sorella e compagna di tutto il percorso, “costruiscono” nel vero e proprio senso della pasticceria Panzini di Subiaco. Giorno dopo giorno, sempre con la volontà di migliorarsi e di scoprire nuovi gusti.

Il suo fiore all’occhiello, senza ombra di dubbio sono Panettoni e Colombe a lievitazione naturale. Prodotti ormai immancabili sulle tavole dei clienti.
E proprio questa voglia di migliorare e crescere ogni giorno li ha spinti nel 2013 ad aggiungere alla pasticceria la caffetteria, un luogo di incontro per la colazione, la merenda e l’aperitivo.

E’ il 2021, scocca il gong, altro traguardo! Gli chef della Pasticceria Panzini di Canterano si dedicheranno alla preparazione di nuovi e accattivanti piatti da servire nel Giardino Panzini. Uno spazio all’aperto, adiacente alla pasticceria, curato in ogni piccolo particolare, solo come i pasticceri doc sono in grado di fare. Perchè l’arte si declina in ogni dove!
Il Giardino Panzini è il luogo in cui ognuno può sentirsi accolto e coccolato, dove l’aspetto culinario si fonde con l’accoglienza e la convivialità. Un mix di buon cibo, di una scrupolosa selezione di vino e dolce.

Eh si perché come dicono sempre da queste parti “non si tratta di una semplice degustazione ma di una esperienza sensoriale che risveglia la voglia del buono, del bello e della cura.

Quindi, ovunque voi siate, impostate sul navigatore “Pasticceria Panzini Canterano”, ci sarà tutta la famiglia ad attendervi non solo il loro dolci, eccezionali, pazzeschi, da acquolina in bocca, ma il calore di questa famiglia è ancor più dolce dei loro dolci. Questa è la chicca vera!

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Lavorare la terra, mette giudizio. Lo dicevano i miei nonni

Ha sempre tutto inizio da nonni… partiamo dal 1900
La ragione sociale “Giuseppe Prosperi”, non è stata scelta a caso , nasce per mantenere viva la memoria dei miei avi i quali hanno portato avanti questa attività con amore e dedizione. Di fatto, le terre che io coltivo ormai da circa 25 anni, mi sono state tramandate dai miei nonni materni, famiglia di commercianti che tanto amavano questo tipo di coltura. La mia cara nonna Elsa mi racconta spesso di quando andava a vendere le castagne nei paesi della vicina pianura pontina: Priverno, Sezze oppure in Ciociaria, Frosinone, Anagni. Parliamo dei primi anni del ‘900. Il più delle volte questo tipo di prodotto, più che essere semplicemente venduto, veniva barattato con altri prodotti che a Carpineto non c’erano e che qui venivano poi rivenduti. A quel tempo tante cose non c’erano nella nostra piccola comunità montana.

Il passaggio di consegne
Sono cresciuto nei terreni che ho ereditato e fin da piccolo seguivo i miei nonni per fare la raccolta delle castagne. La passione insieme al grande spirito di intraprendenza mi è uscito nell’età adolescenziale, quando ho iniziato a sentire che questi lavoro iniziava a pesare a miei nonni e quindi ero io ad essere chiamato a prendere un ruolo centrale per poter portare avanti la gestione dell’attività.
Così mi sono, come si vuol dire rimboccato le maniche, e ho iniziato a seguire mio nonno tenendo ben in vista tutte le attività che portava avanti nei castagneti: dalla potatura, alla pulizia dei terreni fino alla raccolta delle castagne e al trattamento di queste ultime. Infine… la cosa che mi ha sempre più incuriosito era il momento della vendita.

L’arte della vendita
Negli anni passati era una vera e propria arte. Le castagne dopo essere state trattate con l’acquacoltura venivano messe in bella mostra in un locale sulla via principale di Carpineto, Via Roma. Da questa via, nel periodo delle castagne, in ottobre, passavano molti commercianti che si fermavano per poter trattare il “masso”, così viene definito il raccolto.
In quei momenti io partecipavo alla trattativa come spettatore ed ero molto emozionato nell’ammirare l’arte del commercio. Questo aspetto, l’ho portato sempre con me e fatto crescere nel tempo, tanto che oggi sono un manager di una multinazionale americana, ma se non ci fossero stati i miei nonni… forse avrei fatto altro…

Gli innesti, un momento cruciale
Un momento davvero importante in questa attività si ha nel periodo di aprile, quando si apre la stagione degli innesti. In questo particolare momento si dà vita alla nuova generazione di piante di marroni. È un momento delicato che richiede grande attenzione al meteo, allo stato vegetativo della pianta da innestare e allo stesso tempo delle marze utili a fare gli innesti. Generalmente il marrone viene innestato tramite la tecnica chiamata “A Zufolo” ma può essere fatta in tramite tante altre tecniche. La tecnica a zufolo viene utilizzata perché più veloce di altre e quando ce il bisogno di innestare una grande area bisogna essere veloci poiché il periodo migliore per fare gli innesti è molto corto, generalmente una decina di giorni.
Passato il primo anno la nuova piantina inizia a prendere forma ed esce fuori dal periodo più critico, questo è un momento di grande soddisfazione (cancro corticale o rottura per vento o passaggio di animali selvatici ) poiché si genera il futuro e così i nuovi frutti.

Dal marrone alla castagna
Negli anni ho cercato di fare del mio meglio ampliando ciò che i miei nonni mi hanno donato con tanto amore, comprando altri appezzamenti di terra e bonificandoli con i tagli delle piante vecchie. Innestando nuove piante di marrone cosi da dar vita a nuovi impianti.
Il marrone si distingue dalla castagna principalmente per il gusto: più dolce e profumato, esternamente il marrone si presenta con una buccia striata di color marrone mentre la castagna ha una pezzatura più piccola ed ha una forma più allungata e presenta una buccia esterna di colore più scuro.
Sostituendo questo tipo di coltura a quella della castagna ho reso la mia attività sostenibile, poiché il frutto del Marrone ha una resa a livello commerciale più apprezzabile.
Lavorare la terra è molto sacrificante non lo nascondo, ma grazie a questo sacrificio si capisce quanto sudore hanno versato i nostri avi per poter rendere questo territorio unico nel suo genere, e questo pensiero mi permette di andare avanti anche quando abbiamo attraversato i momenti più bui che questa imponente e magnifica pianta ha visto nell’ultimo decennio dopo l’attacco da parte del “Cinipide Sinensis” che ha portato la produzione vicino allo zero, causando danni quasi irreversibili alla biologia della pianta.

Il nostro background è alla base della nostra storia
Farò sempre tesoro dei consigli dati dai miei nonni “Giuseppe se le piante le accarezzi ti danno qualcosa, se tu non le guardi non ti daranno nulla”. Accarezzare vuol dire custodirle con la massima cura, quasi come delle figlie. A distanza di anni posso dire che tutto ciò che mi dicevano è verità, sono fiero di quello che faccio e mi piacerebbe tanto che altre persone si avvicinassero alla terra, questo di sicuro permetterebbe di ritrovare sani principi utili alla nostra società attuale. I miei nonni dicevano che” il lavoro nobilita l’uomo/donna” e che “lavorare la terra mette giudizio” ecco tutto ciò purtroppo vedo che sta sfuggendo di mano alla società attuale.

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Olive, olio e raccolta. Valentina l’amore per la terra

Il volto femminile delle olive è quello di Valentina che sul territorio tra Carpineto Romano e Maenza porta avanti al tradizione si famiglia: la raccolta delle olive insieme e a suo fratello Emanuele, così come gli è stato insegnato dal papà Enzo.

La grande raccolta…
Alla fine degli anni 60 mio nonno Stefano Macali divise il suo terreno ai suoi 4 figli maschi di cui uno venne donato a mio padre Macali Enzo. Mio padre sposo’ mia madre nel 1977 e successivamente al matrimonio siamo nati io e mio fratello Emanuele. Da quando ero piccola ricordo che nel mese di novembre iniziava la grande raccolta dell’olive. All’epoca veniva fatta a mano, infatti mio padre quando tornava a casa la sera era molto stanco perchè alternava la raccolta con il lavoro, ma ciò’ non pesava più di tanto perchè la raccolta delle dell’olive era molto importante, necessaria anche per il fabbisogno familiare. E per papà la famiglia era tutto! Da piccolini andavamo anche noi, ma la raccolta era gestita dagli adulti e noi giocavamo con i nostri cugini perché anche i miei zii erano sul campo a lavorare. Sono stati momenti bellissimi nella mia infanzia. Con il passare degli anni io e mio fratello abbiamo iniziato a far parte  della raccolta inseme a nostro padre. Purtroppo nel 2011 papà è venuto a mancare, quindi io e mio fratello abbiamo preso in mano tutta la proprietà e la gestione della raccolta e della produzione dell’olive.

Il territorio…
Il mio terreno si trova nella Valle Para, sul territorio di Carpineto Romano ma vicino a Maenza nella zona di Latina. Questa è un’area molto calda, una caratteristica che influisce anche sulle nostre olive. Il mio terreno è ben curato, la potatura viene effettuata a zone alterne tutti gli anni mantenendo una media altezza delle piante. Questa è un’attività che cura ancora oggi Roberto, un amico di mio padre, al quale fu proprio papà ad insegnare l’arte della potatura. La raccolta di solito inizia fine ottobre primi di novembre, dipende dalla stagione. Se iniziano le grandinate si rischia di perdere il prodotto. Abbiamo all’incirca 500 piante d’ulivo. Negli ultimi anni la produzione si è abbassata di molto a causa di un insetto che non ha permesso alla pianta di dare il frutto. Il nostro terreno è uno dei migliori nella zona. Dà sempre un’ottima oliva con un’alta quantità di olio.

La raccolta…
Per la raccolta è il momento catartico! Inizia alle 8.30 della mattino siamo sul terreno fino alle 16.30. Poi fa buio e non si può stare. La raccolta giornaliera viene messa in cassette. Le olive vengono separate dalle foglie e dopo circa due giorni sono portate al frantoio per la molitura. E qui c’è il grande quesito… Quanti litri si sono prodotti per quintale di olive? Tutti siamo presi da questo dato… tutti incrociamo le dita affinché la produzione sia migliore dell’anno precedente… ma la natura è la natura… è lei che decide! Il nostro olio ha un basso valore di acidità quindi molto delicato ed è buonissimo. Ci sono cresciuta sul campo insieme a mio fratello e a mio padre, il mio desiderio è che anche i miei figli possano portare avanti la tradizione di famiglia, di generazione in generazione.

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